giovedì 16 febbraio 2012

Smemorati sul Meno di Pier Giorgio Oliveti - Anpi Orvieto

Avere memoria è un esercizio della coscienza. E la coscienza è la basedistintiva che ci rende unici, speciali, all’interno del più vasto regno animale,ciò che divide l’uomo dalle “bestie” almeno sotto il profilo etico. Fino a quitutto sembrerebbe filare liscio. Peccato che - come tutti sappiamo bene - lecose siano un po’ più complesse. I bambini innocenti sciolti nell’acido sonosolo la punta dell’iceberg di indicibili episodi di quotidiana violenzadell’uomo verso l’uomo, stragi di civili, religiosi, bianchi e neri, ricchi epoveri, giovani e vecchi…Immersi come siamo nella contemporanea civiltà dellacomunicazione , nel tam tam quotidiano dove giocoforza prevale la breakingnews, il disastro, il negativo, siamo costretti a riflettere per non esseresminuiti, resi insensibili , smemorati,abitatori esclusivi dell’attimo, avulsi dal nostro contesto, dalla storia. Qualcunosi sofferma sulla banalità del male, sugli effetti del venir meno, spesso temporaneoe casuale, dell’umanità. Altri preferiscono investigare le cause di una, cento,mille Srebrenica, di ieri, di oggi e di domani, i momenti di apparente fratturadella Storia, le faglie o le foibe che si aprono inaspettatamente sotto inostri piedi, tra le nostre case e chiese, che incrinano le certezze, seminanosgomento, terrore. Il rischio di voltarsi dall’altra parte, di non voler“vedere” e “sapere” c’è anche oggi. E allora non è più sufficiente solo ricordare:la complessità del momento ci obbliga a partecipare, a collaborare, a costruireuna vera e propria “cultura dellamemoria” affinché non vi siano altri vicoli ciechi dietro l’angolo. Quando anche l’ultimodeportato e sopravvissuto ad Auschwitz-Birkenau non sarà più con noi, dovremoessere ancora più vigili, attenti, proattivi, leggere e rileggere le cronachedelle storie dell’orrore, tramandare il racconto dell’inimmaginabile Shoa, ladistruzione programmatica e industriale di un popolo, con tutto quello che neconsegue. Dovremo ricordare e sapere distinguere. Avere memoria fa bene a noistessi, fa bene alle nuove generazioni e fa bene al pianeta. Ma avere memoria significa anche “stare inguardia”, di fronte alle modificazioni dell’epoca, alla perdita di sovranitàdelle nazioni, dei popoli, all’emergere imponente di nuove spinte economiche esociali, ai poteri della finanziarizzione del mondo che ci slegano dalla terra,dal lavoro, dall’etica del quotidiano. Anche i nostri più nobili istitutidemocratici conquistati a prezzo didecine e decine di milioni di morti nella Seconda Guerra Mondiale, sono oggifragili come non mai, rischiano inqualche modo di essere svuotati di senso, banalizzati essi stessi. In questocontesto difendere l’idea e la costruzione dell’Europa, non è più solo un esercizioper stucchevole di “anime belle”, di elite culturali e politiche che traccianoil solco: “Per fare l’Europa - scriveJacques Le Goff - occorre un impegno da parte di tutti che deve compiersi nellaconoscenza del passato tutto intero e nella prospettiva dell’avvenire>>. Sel’Europa con il 7% della popolazione mondiale detiene il 20% delle ricchezze,-è chiaro a tutti - lo squilibrio ècongenito al nostro sistema. Non lo dico io, non lo dice la politica, lo dicono i numeri. L’appartenenza europea è dunque la chiave perun futuro di pace e di prosperità, rifuggendo i due opposti relativi. Ma quandodi fronte ad un disastro scellerato come quello della “Costa-Concordia” ungiornalista tedesco - Jan Fleischhauer, uno dei columnist di Spiegel online 1,

- afferma in buonasostanza che se il capitano fosse statotedesco, non sarebbe mai successo: 'Bella figura', è lo sport popolaredi massa italiano, cioè impressionare gli altri, anche Schettino voleva farebella figura, purtroppo ha trovato uno scoglio sulla sua strada", potremmo derubricarela frasetta come boutade di bassa lega per parlare alla pancia teutonica evendere qualche copia in più. Purtroppo al contrario dobbiamo, comeeuropei rigettare anche questiatteggiamenti di razzismo strisciante, ericordare forse che non trovarono alcun scoglio i noti “trasporti” speciali dideportati da Roma, Parigi o Salonicco verso le rampe dell’inferno di Auschwitz: i treni specialigiungevano sempre in orario.