mercoledì 30 settembre 2009

Storia, storielle, storiacce - di Renato Covino

Pubblicato sul mensile MICROPOLIS di settembre

Non ha tutti i torti Marcello Marcellini, autore de I Giustizieri. 1944:la brigata “Gramsci” tra Umbria e Lazio, a prendersela con la puntuta recensione di Marco Venanzi pubblicata sul numero di luglio di “micropolis”. Venanzi infatti polemizza con l’autore come se la sua opera fosse un saggio storico. Leggendolo e rileggendolo, invece, l’impressione che se ne ha è quella di un libro che racconta non la storia, ma una storia. Insomma Marcellini ha scritto una sorta di romanzo storico a tesi: i partigiani, o almeno alcuni di loro, erano dei sanguinari con il gusto di uccidere, quelli che essi giustiziavano non erano fascisti, la magistratura era prona al potere comunista e via dicendo. Insomma è come se uno volesse studiare il Seicento francese leggendo (absit iniuria verbis) i romanzi di Dumas padre o il Medioevo inglese attraverso Ivanhoe di Walter Scott. Detto questo ci si consenta di dire che il libro di Marcellini è un “romanzo” che gioca sui toni forti, una sorta di thriller sanguinolento, con effettacci, compresa la concessione all’odierno spirito animalista (l’uccisione a coltellate e a colpi di calcio di moschetto, come il suo padrone, di Tania, la cagnetta di Centofanti). Oggi si pubblica tanta robaccia e non è un libro più o meno brutto che fa la differenza, quello che merita qualche risposta non è quindi Marcellini, quanto i suoi esegeti ed apologisti, che gli riconoscono il ruolo di storico di vaglio e ricercatore obiettivo. Fino a quando questo avviene su siti e riviste che fanno chiaro ai reduci della Rsi pazienza, quando però la questione tracima oltre questo ambito merita qualche chiarimento.

I fatti
Non è vero che gli eventi raccontati da Marcellini non fossero conosciuti e che siano stati portati alla ribalta dall’autore e dal compianto prof. Pirro. Quando i processi furono celebrati vennero fatte addirittura assemblee popolari, più recentemente ne ha parlato Sandro Portelli nel suo Biografia di una città, uscito nel 1985, infine - nel convegno organizzato in occasione del Cinquantesimo della liberazione - della violenza partigiana ha parlato, sia pure sommariamente, Gianfranco Canali. Si dirà che ad essi non è mai stato dedicato un libro ed è vero, ma è anche vero che ancora non esistono studi esaustivi sulla Resistenza in Umbria, sul fascismo e sull’antifascismo, sulla stessa brigata Gramsci, cose altrettanto importanti dei giustiziati nel ternano e nel reatino.

Le fonti
Gli archivi consultati da Marcellini non sono affatto segreti, ma sono consultabili da chiunque voglia. Marcellini sa, perché a volte li cita, che proprio a fianco delle buste da lui consultate a Roma, a Terni, a Rieti, a Perugia stanno decine di faldoni di processi a fascisti repubblicani che in molti casi vennero assolti dai reati loro ascritti, molto più gravi di quelli imputati ai partigiani della Gramsci. Lo diciamo non per rispondere “morto su morto”, quanto perché lavorando su fonti indiziarie, e da avvocato, Marcellini dovrebbe sapere che l’attendibilità dei testimoni ha una qualche rilevanza. Alcuni dei suoi “testi a carico” compaiono come imputati in altri processi e in qualche caso sono condannati. Per fare un esempio: che cosa avrebbe dovuto dichiarare al processo per i fatti di Morro Reatino, Di Marsciano, capo della provincia di Rieti, condannato all’ergastolo - pena convertita prima in trent’anni, poi in ventuno - ed infine amnistiato dopo pochi anni, se non di non essere al corrente dei fatti. Poteva compromettere le sue possibilità di uscire di galera?

I processi e la natura dei reati.
I reati ascritti ai partigiani erano stati ritenuti, subito dopo la guerra, oggetto di amnistia. I processi di fine anni quaranta e inizi anni cinquanta vengono riaperti con un’imputazione diversa. I familiari dei giustiziati sostengono che non si era trattato di morti legate a contrasto politico, quanto di reati commessi a scopo di rapina. Insomma le vittime sarebbero state uccise per derubarle dei loro averi. Marcellini riprende questa accusa infamante sia nel libro che nell’intervista di risposta a Venanzi. I giustiziati venivano prelevati “dalle loro abitazioni che venivano con l’occasione sistematicamente saccheggiate”. Da questa accusa vennero assolti gli imputati e non tanto da quella di aver ucciso i fascisti in questione.

Rappresaglie e controrappresaglie
Vi sono altre due questioni che merita di sottolineare. La prima è quello della definizione di rappresaglia e controrappresaglia. Alla domanda del giornalista de “Il Giornale dell’Umbria” nell’intervista del 31 agosto se le azioni dei partigiani siano definibili, come sostiene Venanzi, controrappresaglie, Marcellini risponde: “La tesi non è sostenibile. Una controrappresaglia avrebbe avuto un senso se fosse stata operata contro gli stessi tedeschi e non contro singoli fascisti o presunti collaborazionisti che se ne stavano nelle loro case in attesa dell’imminente, e ormai certa, fina della guerra” e aggiunge che l’operazione fatta dai partigiani è di “controterrore” per riprendere il controllo del territorio. Ora sul concetto di rappresaglia e controrappresaglia nell’ultimo quindicennio sono stati versati fiumi di inchiostro, si veda a proposito per tutti quanto scrive Claudio Pavone nel suo Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza ( pp. 475-492) che dà una definizione equilibrata di entrambi i concetti: come la rappresaglia è un atto di terrore per togliere ai “ribelli” l’appoggio della popolazione, così la controrappresaglia ha un valore uguale e contrario. Dove sarebbe l’errore di Venanzi? La seconda è più sottile. Perché le vittime sono fascisti e appartenenti all’apparato burocratico repressivo della Rsi? La questione va posta in relazione alla legittimità o meno d’un potere che pretende di avere, come ogni potere, il monopolio della violenza. Se si nega la sua legittimità è ovvio che non si ritiene legittima l’azione dei suoi rappresentati e che quindi li si colpisca, anche in modo violento.

Conclusioni d’obbligo
Come si vede le questioni sono meno semplici di quanto possa apparire e meritano ben altri apparati concettuali di quelli irenico moralistici che utilizza uno degli estimatori di Marcellini, Francesco Pallia, o di quelle granguignolesche dell’avvocato ternano. A Pullia può non essere inutile ricordare che, quando il pacifista e antifascista Capitini fu costretto a fuggire da Perugia, scelse di rifugiarsi presso la brigata Francesco Innamorati che operava sui monti vicini alla città, ove combattevano molti dei suoi allievi diventati nei primi anni Quaranta comunisti e che mai Capitini ha parlato di resistenti e di partigiani come di criminali.
C’è da aggiungere una conclusione d’obbligo. Il fatto che libri come quello di Marcellini abbiano corso e possano apparire come saggi storici, deriva anche dall’afonia e dagli errori – almeno nel caso ternano - di chi ritiene la Resistenza momento fondante della vicenda repubblicana. A lungo si è negato, da parte partigiana, il carattere di guerra civile della Resistenza, ritenendolo quasi infamante; d’altro canto gli storici per cautela o per pudore hanno ritenuto bene tenersi sulle generali, evitando di fare nome i cognomi, quasi per un eccesso di deontologia professionale. E’ ora invece di cominciare a fare a tutto tondo la storia di fascisti e resistenti, con i nomi e i cognomi dei responsabili delle stragi di parte repubblichina, dei processati, dei condannati, dei graziati (a proposito dello spirito paracomunista della magistratura!), senza nessun timore e falsa cautela. Infine c’è un tocco di volgarità o di assenza di stile cui merita rispondere. Il presidente dell’Isuc Mario Tosti scrive un articolo sui pericoli dell’altra storia? puntualmente su un blog orvietano compare un intervento che sostiene che l’Isuc è la voce storica della regione e che a ciò si deve l’intervento di Tosti, poco importa che sia uno stimato storico dell’Ateneo perugino. Marco Venanzi critica Marcellini? e che poteva fare? lavora all’Icsim, altra emanazione dei poteri locali (non conta che ne siano soci istituzioni ed enti che non hanno nulla a che vedere con la politica). Se applicassimo pedissequamente questa regola dovremmo dire che poiché Pullia, estimatore del libro, lavora alla Provincia di Terni, l’ente in questione appoggia le tesi di Marcellini. Infine qualcuno insinua, sia pure in modo sotterraneo, il dubbio che “micropolis” sia una sorta di “Pravda” regionale, organo del potere “comunista” in Umbria. Coloro che coltivano questo sospetto – si sa, la madre dei cretini è sempre incinta – mandino pure nome ed indirizzo, invieremo loro gratuitamente il giornale. Potranno rendersi conto di persona del nostro grado di “servilismo” nei confronti delle istituzioni e dei partiti della sinistra.

Adesivi Forza Nuova a Orvieto - Comunicato Stampa dell’ANPI di TERNI




Adesivi in bianco e nero

Da qualche tempo – è la terza volta in poche settimane – gli Orvietani si svegliano e trovano sui muri o talvolta sui monumenti della città(più grave), una cascata di adesivi con slogan di attivisti di una parte estrema dello schieramento politico. Questa mattina è stata la volta del sottopassaggio di Orvieto Scalo, adornato imponentemente di adesivi e volantini. La cosa potrebbe essere derubricata immediamente come semplice maleducazione e "problema minimo", buono tutt'al più per attivare l'opera dei servizi di nettezza urbana comunali oppure, se ne è il caso, di vigilanza della Soprintenza dei Beni Monumentali, Artistici e Culturali( di cui la nostra straordinaria città è per fortuna stracolma). Il tema, però, è un altro: si tratta di una vera e propria provocazione, per di più reiterata nella quasi indifferenza delle istituzioni locali, Comune in primis, messa in atto da una frangia che si rifa all'estrema destra, che allo sfregio minimo in termini fisici, accompagna lo sfregio morale in una città che ha "dato" i Martiri di Camorena e che si impegna da sempre, giorno dopo giorno, a celebrare senza retorica ma con il coinvolgimento dei giovani la memoria del proprio passato. Come chiunque sa, la legge persegue gli atti di aggressione fisica al pari di quelli verbali. Se le offese sul piano personale sono materia di denuncia davanti ad un giudice, a maggior ragione lo sono le offese sul piano collettivo e sociale, che stanno avanti al tribunale della Storia: qui si tratta di (ri)tracciare tutti assieme, al di là degli schieramenti partitici, il discrimine di civiltà tra il futuro che vogliamo di prosperità e progresso per tutti, e chi vuole strizzare l'occhio ad antichi scheletri nell'armadio e riportare indietro l'orologio della storia. A partire da Orvieto, l'intera comunità delle cittadine e dei cittadini di Terni e dell'Umbria, nata dal sacrificio di molti e da un sussulto di amor di patria a seguito della Resistenza al Nazi-fascismo, sarà parte attiva in quest'opera sacrosanta di vigilanza civile e democratica.

Orvieto 30 settembre 2009-09-30

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lunedì 28 settembre 2009

Revisionismo ternano. La brigata Gramsci, l'avvocato spregiudicato e il radicale sprovveduto

Di Salvatore Loleggio

Intorno a un libro sui presunti crimini ed orrori perpetrati da partigiani della Brigata Gramsci, che operò nel Ternano e nel Reatino, è nata nei mesi scorsi una polemica che sarebbe di piccola portata, se la reinterpretazione complessiva della storia d'Italia non fosse tra i puntelli ideologici della destra che governa e che in parti consistenti aspira a farsi regime. Sul tema uscirà domenica 27 settembre su "micropolis" un articolo di Renato Covino, docente di Storia contemporanea all'Università di Perugia, che riteniamo chiarificatore e che invitiamo a leggere. Qui crediamo di fare cosa utile fornendo ai lettori una breve ricostruzione della polemica e, in appendice, un articolo di Marco Venanzi dal numero di luglio-agosto di "micropolis" e una nota "didattica" sul revisionismo.

Cronistoria di una polemica
L'avvocato ternano Marcello Marcellini ha dato alle stampe a fine maggio un libello dal titolo I giustizieri, che ha raccolto entusiastici commenti nella stampa di destra. Il Marcellini dal canto suo ha dichiarato al "Giornale dell'Umbria" di non aver mai detto di voler svelare "gli orrori della Gramsci"e di aver compiuto un "lavoro minuzioso" basato sull'analisi delle carte processuali. E per dimostrare di non volere parlare di orrori racconta al "giornalino": "Le persone venivano ... trascinate fuori e uccise a bastonate e pugnalate. Spesso venivano evirate. Ai cadaveri venivano strappati gli occhi... ". Non sapremmo dire quanto spesso visto che i presunti "omicidi" sarebbero in tutto sette. Ma il Marcellini insiste "sono obiettivo", e in giro per l'Umbria, vanta una sua giovanile militanza in Potere Operaio, al fianco di Oreste Scalzone: "Figurarsi se io...".
Sul "corrierino" il 23 luglio è stata pubblicata una recensione elogiativa del radicale nonviolento Francesco Pullia (rivelerà successivamente che era stata rifiutata da "Il Messaggero"). Il Pullia non scende nel merito, si fida ciecamente del Marcellini che stima come avvocato e saggista e del defunto Vincenzo Pirro, uno storico ternano che ha firmato la prefazione. Marco Venanzi invece su "micropolis" di luglio - agosto (lo si trova in appendice sul mio blog) mette in evidenza arbitrii, omissioni e strafalcioni dell'avvocato ex PotOp improvvisatosi storico revisionista.
Intanto fioccano i commenti sulla recensione del Pullia, rilanciata dal sito di "Orvieto news" (http://www.orvietonews.it/index.php?page=notizie&id=21501 ). Si comincia con quello critico e misurato di Valentino Filippetti , per passare ad altri molto entusiasti del libro e del recensore o molto polemici. Si tratta quasi sempre di interventi meramente ideologici di gente che non ha letto il libro e non ha proceduto a verifiche, spesso scritti in pessimo italiano, la carne da macello senza costrutto che spesso intasa la rete. Ma a Pullia non pare vero d'essere stato preso sul serio e perciò non esita a prendere sul serio detti commenti. A fine agosto il "Giornale dell'Umbria" di Castellini e Colaiacovo, dà a sua volta spazio all'avvocato che fa il sorpreso ("Da Venanzi non me l'aspettavo") e insiste sul sadismo partigiano ("ci provavano gusto").
L'8 settembre Pullia pubblica una più ampia recensione sul sito di "Notizie radicali". Vi aggiunge una curiosa asserzione ("la sinistra che si batte contro la libertà di stampa è inaffidabile"), cui affianca una più curiosa argomentazione ("guardate come hanno trattato il libro di Marcellini e la mia recensione").
Il Pullia soffre evidentemente di manie di persecuzione. Dopo che un imbecille gli ha spedito una lettera anonima (prontamente consegnata alla Digos), si considera, insieme al Marcellini, bersaglio di una "fatwa". Ad aprire il fuoco di fila sarebbe stato niente meno che "un periodico che esce allegato con "il manifesto" e poi "taratatam". Avrebbe potuto scrivere "micropolis" (così come avrebbe potuto scrivere "Marco Venanzi"), ma, come gli stalinisti più accaniti, al "nemico" nega perfino il nome. Dell'articolo di "micropolis" (che peraltro di lui non si occupa) cita solo il termine "revisionismo", le altre citazioni sono tratte dai commenti del sito di "Orvieto News". La sua recensione e la sua tirata vengono peraltro riprese da molti siti legati all'estrema destra, nostalgica della Repubblica Sociale e di Salò,tra gli altri "voce della fogna".
Pullia è un poveretto che si è messo in testa di fare il Pannella, ma imita male il suo guru. Molti anni or sono il gran capo radicale, nella sua foga iconoclasta, usò contro i "compagni assassini" del Pci la stravagante argomentazione che sarebbero stati correi della strage delle Fosse Ardeatine perchè gli esecutori dell'attentato di via Rasella, invitati da un manifesto delle SS a presentarsi, non lo avevano fatto. Il manifesto non è mai esistito: non solo non se ne è mai trovata copia, ma non ne hanno mai parlato i Kappler & C., che nei processi a loro carico avrebbero potuto esibirlo come attenuante; è' invece un caso clamoroso di leggenda urbana efficace: taluni in buona fede ricordano di averlo visto con i propri occhi, per uno degli inganni della memoria di cui ci parlano gli storici di mestiere.
Ma Pannella non si curava di appurare la veridicità della leggenda, a lui interessava la guerra senza quartiere ai comunisti e alla loro storia. Pannella, come il suo amico Montanelli, è del resto campione di quella "malafede" che nelle parole di Guido Piovene, un altro che se ne intendeva, è "l'arte di non conoscersi, o meglio di regolare la conoscenza di noi stessi sul metro della convenienza". L'autore di "Lettere di una novizia" concludeva con un elogio della malafede. Scriveva: "Non è uno stato d'animo, ma una qualità dell'animo", non è "una concessione all'opportunismo volgare, ma l'accettazione di una concezione della condizione umana". Insomma per essere campioni di malafede come Pannella, non si può essere "campioni senza valore" e "uomini senza qualità".
Nel Pullia di questa polemica noi invero non riusciamo a trovare valore o qualità, troviamo tuttavia un difetto che lo mette in sintonia coi tempi. E' di sicuro un difetto di cultura che lo spinge a immaginarsi (lui come il suo mentore Pirro) negli anni di Scelba una magistratura asservita al Pci e perciò incline a chiudere gli occhi sui crimini partigiani. In realtà in quegli anni i giudici assolvevano in massa i gerarchi e i criminali di Salò, inclusi certi torturatori, e incarcerava decine di migliaia di comunisti spesso per reati di opinione.
Lo stesso difetto di cultura spinge forse Pullia a parlare con sicumera di cose delle quali non è informato, per esempio del "revisionismo". Non gli farà male la nota di spiegazione del termine e delle sue diverse accezioni che accompagna come appendice la versione più ampia di questo resoconto nel mio blog
(http://salvatoreloleggio.blogspot.com/2009/09/revisionismo-1.html).

martedì 22 settembre 2009

65^ Anniversario dell'Eccidio del Grappa




A.N.P.I. – AVL – ASSOCIAZIONE 26 SETTEMBRE
Organizzano un corteo che partirà da Viale dei Martiri e percorrerà Viale Venezia, Via Bgt Basilicata e Viale dei Martiri per ricordare l’eccidio del 26 settembre 1944

Domenica 27 settembre 2009 alle ore 20

La cerimonia si svolgerà con le seguenti modalità:
- Raduno dei partecipanti alle ore 20 davanti alla lapide di Viale dei Martiri; alcuni ex partigiani accenderanno il fuoco su un braciere, si accenderà una fiaccola e con la medesima lumini portati da bambini. I lumini saranno subito deposti dai bambini stessi davanti alla lapide
- Saranno letti alcuni brani riportanti lettere di impiccati e fucilati della resistenza e altri presi dalla letteratura
- Si accenderanno lumini che giovani depositeranno poi ai piedi di ogni albero degli impiccati del 26 settembre 1944
- Alle 20,30 circa il corteo si incamminerà uscendo da Porta delle Grazie, percorrerà a destra parte di Viale Delle Fosse lungo il marciapiede e attraverserà la strada in corrispondenza di Viale Venezia proseguendo lungo il marciapiede di destra. Si proseguirà fino agli ultimi alberi in territorio di Cassola. Si ritornerà dall’altro lato della strada, si riattraverserà Viale Delle Fosse, si proseguirà lungo il marciapiede di Via Bgt Basilicata e ritornando si percorrerà Viale dei Martiri. Il corteo si scioglierà davanti alla lapide.
- Non si faranno canti, non saranno eseguiti brani musicali, niente bandiere o scritte; solo i brani letti da alcuni giovani, per il resto un silenzio pieno di memoria, omaggio, ricordi, progetti tesi a fortificare il nostro spirito e la nostra vigilanza.
Questa iniziativa è nuova e vuol essere soprattutto omaggio
e testimonianza che partono dal nostro intimo
diventando messaggio genuino e forte
L’eccidio del Grappa … i fucilati … gli impiccati …
Frammenti di orrore … di dolore …
di strazio … di tradimento … di volgarità …di ignominia.
LA NOSTRA PRESENZA E’ PREZIOSA – E’ CANTO DI DOLORE E TESTIMONIANZA


per info a.n.p.i.bassano@gmail.com

martedì 8 settembre 2009

L'ANPI e ANPPIA ricordano l'8 settembre a TERNI

L'ANPI ha ricordato l'8 settembre 1943 a Terni con una ceriminia presso il monumento ai partigiani a Ponte Garibaldi.Alla manifestazione hanno partecipato il sindaco di Terni sen. Leo Di Girolamo, rapreentanti del Prefetto e del Questore di Terni, dell'Esercito e dei Carabinieri.
Folta la rappresentanza dell'ANPI guidata dal presidente provinciale.
Dopo la deposizione di una corona ha preso la parola il vice presidente dell'ANPI di Terni Valentino Filippetti che ha ricordato il valore della resistenza ed il significato storico dell'8 settembre 1943. In particolare i è soffermato sul contributo di tanti civili e militari che proprio dopo l'8 settembre si ritrovarono uniti per riconquistare la democrazia per il nostro paese.
Ha poi preso la parola il Sindaco Di Girolamo che ha ringraziato l'ANPI e l'ANPPIA per l'iniziatica odierna e per le tante prese durante l'anno. Il sindaco ha ricordato il contributo degli antifascisti ed il valore della Resuistenza.