domenica 21 dicembre 2008

COMITATO CITTADINO ANTIFASCISTA DI ORVIETO

COMUNICATO STAMPA

DUE APPUNTAMENTI PER TORNARE A RIFLETTERE INSIEME: LA REALTA' DEI CAMPI NOMADI IN ITALIA E LA VIOLENZA SUI CIVILI NEL COMPRENSORIO ORVIETANO ( 1921-1944), QUELLO CHE ANCORA NON SI SAPEVA

A un anno esatto dalla sua costituzione, il Comitato cittadino antifascista che, in questa fase di silenzio ha continuato a lavorare e unitamente ad altre realtà associative ha inaugurato di recente un Centro di documentazione popolare, torna ad aprirsi alla città proponendo due nuove iniziative, spazi di riflessione funzionali alla prosecuzione di un dibattito.

A dimostrazione del fatto che argomenti quali l'antifascismo, il razzismo, la paura del diverso siano di assoluta attualità in questo paese ci hanno pensato i fatti a dimostrarlo nell'arco di quest'anno.

I tg e i giornali sono passati dal raccontare gli espisodi di microcriminalità commessi da stranieri e rom, alle aggressioni perpetrate a danno degli stessi soggetti unitamente a omosessuali, senzatetto, fino ad arrivare a ragazzi dal "look particolare", facili bersagli di frange aderenti alla destra estrema.

L'assassinio di Abba a Milano, i roghi di Ponticelli a Napoli, i pestaggi a danno di gay e lesbiche a Roma, il senzatetto bruciato a Rimini, l'assalto di piazza Navona, la ragazza picchiata brutalmente in treno perchè trovata con una kefia... episodi che raccontano di un paese alla deriva, non solo per la crisi economica che lo sta travolgendo, quanto per l'imbarbarimento che ne mina le fondamenta democratiche.

La propaganda della paura ha alla fine sortito i suoi peggiori effetti, non solo in ambito istituzionale col pacchetto sicurezza, ma nel sentire comune, portando alla de-umanizzazione e alla conseguente quanto inevitabile demonizzazione della diversità in quanto tale.

Già a gennaio di quest'anno l'invito alla città era mirato a far riflettere su un pericolo che era semplicemente paventato, ma non ancora in atto, oggi, a distanza di quasi un anno, risulta indispensabile riallacciare le fila del discorso, tornare a discutere e a far discutere.

Venerdì 19
, insieme ad alcune realtà romane, la Cooperativa sociale Ermes e Arci Immigrazione Lazio, tenteremo un primo passo in tal senso affrontando nello specifico la questione "campi nomadi", realtà che seppur non troppo vicina a Orvieto costituisce il punto di partenza per un dibattito ancora più ampio volto ad inquadrare realtà definite marginali e potenzialmente a rischio (rom, immigrati, senzatetto) alla luce dell'imminente approvazione della legge 733 ( nota come pacchetto sicurezza).

Cosa succederà nei campi in seguito all'approvazione della legge? Qual'è la situazione attuale? Chi sono i rom italiani, da dove vengono, come vivono, qual'è il loro livello di integrazione soprattutto in ambito scolastico? Quali le problematiche? Quali i risultati del censimento? E il rapporto della commissione europea che ha giudicato " inammissibili" le condizioni dei campi nomadi in Italia...? Questi e molti altri i temi che verranno affrontati, col contributo attivo e partecipe di tutti i presenti.

Seguirà quindi un momento conviviale con degustazione di piatti tipici direttamente dai "campi".

Infine un salto nella storia recente con l'inchiesta-documentario sulla deportazione e lo sterminio dei rom durante la seconda guerra mondiale, Porrajmos.

Sul filone della memoria viaggia anche il secondo appuntamento, quello di sabato 20, che vedrà la presenza di un giovane studioso, Angelo Bitti, autore, tra l'altro di un interessante saggio storico relativo alle efferatezze compiute in Umbria da nazisti e fascisti nostrani nel biennio '43-'44.
"La Guerra ai civili in Umbria (1943-1944) - Per un Atlante delle stragi nazifasciste".
Con Bitti affronteremo insieme il tema delle violenze ai civili nel comprensorio orvietano a partire dal 1921 e fino al 1944.





VENERDI' 19 DICEMBRE

ORE 18.00

CAMPI NOMADI, FRA REALTA' E FALSI MITI
dai pogrom al pacchetto sicurezza
intervengono Cooperativa sociale Ermes, ARCI immigrazione Lazio
a seguire:
NOMADISMI CULINARI- a cura delle donne del Campo Nomadi Villa Gordiani

ORE 21.00

proiezione video

PORRAJMOS- a cura di Opera Nomadi

SABATO 20 DICEMBRE
ORE 17.30
LE VIOLENZE SUI CIVILI NELL'ORVIETANO ( 1921-1944)
conversazione con
Angelo Bitti
autore del libro
"La guerra ai civili in Umbria ( 1943-1944). Per un atlante delle stragi nazifasciste"



Presso il Centro di documentazione popolare in Via Magalotti 20 ( Orvieto)

sabato 22 novembre 2008

Ad Orvieto apposta una targa a ricordo di Giovanni Ciuco





Queste sono le foto dell'apposizione in via postierla ad orvieto della targa alla memoria di Giovanni Ciuco, in occasione dell' 87° anniversario dell’assassinio per mano fascista.

Alla cerimonia hanno partecipato i familiari, il Sindaco Stefano MOCIO, il Vescovo di Orvieto, rappresentanti dell'ANPI, l'on Carlo Emanuele Trappolini, molti amministratori comunale e cittadini.

lunedì 17 novembre 2008

I Ragazzi del'A.N.P.I.




da sito http://fgiuffrida.blogspot.com/ diFilippo Giuffrida


La pasta si sta raffreddando, ma non importa.
Sto ascoltando Lucifero, Partigiano combattente, raccontare della sua emozione al mausoleo di Stalingrado. Alla mia destra due insegnanti siciliani mi parlano dei loro allievi e dell'impegno nelle scuole per parlare di Resistenze (plurale) ed Antifascismo. Dall'altra parte del tavolo un arzillo ottantepassaenne accetta un po' di vino rosso, "ma solo qualche bicchiere, perchè voglio intervenire oggi pomeriggio". E' di Messina - o di Trapani? chissà... - e ha fatto il Partigiano a Cuneo - o era in Val d'Ossola? Loro sono lucidissimi, io comincio, ed è solo il primo giorno di Consiglio Nazionale dell'ANPI, ad essere sopraffatto dalle emozioni e dal contenuto degli interventi.
E' incredibile come un processo cominciato solo qualche anno fa, nell'incontro di Reggio Emilia con i Giovani, abbia oggi portato l'ANPI a questo livello d'interazione tra Partigiani combattenti ed Antifascisti, quelli che - per ragioni anagrafiche - non hanno partecipato alla lotta di Liberazione. Ci sono tanti, tanti "ragazzi". E' vero che si è "Giovani dell'ANPI" anche a 70 anni, ma qui a Cervia i ventenni, trentenni e - perchénno - anche i quarantenni sono davvero molti. Loro, "i Vecchi", come dice una ragazza dal palco subito correggendosi in "gli Anziani", tra gli applausi ed i sorrisi, corrono. Noi, i Giovani, arranchiamo.
E' un susseguirsi d'interventi che testimoniano essenzialmente tre stati d'animo. In primo luogo la voglia di fare, di agire più che reagire. Se dovessi leggere in filigrana, cercando per forza la critica velata, potrei forse trovare il rimprovero di non essere abbastanza "pronti". In un sistema di just in time molti vorrebbero essere più sul territorio. Si parla della situazione della provincia e della città di Lucca, dei manifesti sui muri di Roma e della manifestazione antifascista di Colonia. Ma anche - locuzione interiettiva che pare di moda - dei rapporti con gli studenti , con i Centri Sociali.
Il secondo sentimento condiviso è quello sul ruolo dell'ANPI. Come se ancora fosse necessario, in molti ricordiamo che l'Associazione Partigiani d'Italia non è un partito, come sottolinea anche la relazione della presidenza, ma è il collante, il catalizzatore di tutti quei Democratici, quegli Antifascisti di Sinistra, Centrosinistra e Centro che si riconoscono in valori comuni, e che possono agire mettendo da parte le identità politiche personali all'interno di un quadro più ampio e meglio definito.
Il terzo soggetto che ha occupato molti interventi è quello della festa. La Prima Festa nazionale dell'ANPI, del giugno scorso, è una sorta di spartiacque. Se prima avevamo avuto l'impressione che i "Giovani" contassero e partecipassero, oggi ne abbiamo la certezza. Si parla molto della seconda festa. Del quando, del dove, del come. E' un turbinio di conciliaboli, di riunioni estemporanee attorno ad un caffé o con la scusa della pausa sigaretta. Si riparla d'Europa, di rapporti con le altre organizzazioni antifasciste, di organizzazione. E' un coacervo di proposte che s'intrecciano con ragionamenti manageriali, sui costi, le locations, le relazioni istituzionali. Qualcuno parte per cercare una chitarra e torna con un bicchiere di cognac. Non suona, ma dopo 17 ore di concentrazione aiuta comunque...
La storia ufficiale narra poi dell'omaggio all'indimenticabile Comandante Bulow, dei molti Ordini del Giorno discussi e votati, anche con momenti di serrato confronto dialettico. Del Documento finale e delle Commissioni e gruppi di lavoro. Ma il Consiglio Nazionale di Cervia è stato anche, se non soprattutto, un entusiasmante momento di scambio d'esperienze, di dialoghi intergenerazionali, di rapporti umani.

Lascio Cervia alle 15.00 di domenica per arrivare a casa alle 23.45 (grazie Alitalia...) Sono stanco, non ho cenato (rigrazie...) e lo stomaco - capiente - borbotta un po'. Ma è tanta la soddisfazione, la voglia di prendere sulle ginocchia mia figlia - Staffettina, come ormai tutti la chiamano all'ANPI - e raccontarle che i Buoni continuano a combattere contro i Cattivi, che la guerra è perfortuna finita ma la guardia non si allenta.
La Resistenza continua, Grazie Ragazzi!

martedì 11 novembre 2008

11 novembre 2008: 87° anniversario dell’assassinio di Giovanni Ciuco per mano fascista

da www.orvietonews.it

Una targa alla memoria per onorarne il ricordo

L'11 novembre di 87 anni fa, in Via Postierla, il giovane concittadino orvietano Giovanni Ciuco, 25enne, venne assassinato per mano fascista. Oggi,nell'87° anniversario dell'assassinio, la Giunta Comunale di Orvieto ha deliberato che quella triste pagina di storia locale venga ricordata con l'apposizione di una targa alla memoria sul luogo in cui avvenne l'uccisione.

"L'11 novembre 1921 – è scritto nella delibera - un gruppo di fascisti scesi alla stazione ferroviaria di Orvieto salirono in città, passando per le tre vie che da Piazza Cahen conducono in centro, con lo scopo di seminare violenza e terrore. Il gruppo di essi che si incamminò per via Postierla, fermò un camioncino guidato dal cittadino orvietano Giovanni Ciuco, di 25 anni e di professione contadino. Il gruppo di fascisti, dopo una perquisizione, trovò indosso al giovane una ricevuta di pagamento di un tessera agraria. Questo fatto scatenò l'ira dei fascisti che, dopo averlo torturato ed indotto a bere olio di ricino, lo uccisero con un colpo di pistola alla nuca. Giovanni Ciuco lasciava la moglie, un figlio di 14 mesi ed un altro in arrivo".

"Tenuto conto – prosegue l'atto amministrativo - che questa vicenda non ha mai visto puniti i responsabili né durante il ventennio fascista né dopo la seconda guerra mondiale quando, nel 1946, venne presentata denuncia presso la Procura di Perugia conclusasi con l'archiviazione del caso; valutato che il fatto è accaduto quando il fascismo non era ancora giunto al potere (la marcia su Roma avvenne il 22 ottobre 1922), ma già si manifestava in tutta Italia il fenomeno dello ‘squadrismo' in cui squadre di fascisti utilizzavano l'arma del terrore e della violenza per arrivare al potere, in considerazione di ciò si può affermare che Giovanni Ciuco fu il primo martire orvietano ucciso per mano di balordi fascisti, e che per la tragica circostanza in cui si sono svolti i fatti, si può elevare Giovanni Ciuco a simbolo di tutti coloro che nel silenzio e nell'anonimato dovuti a fattori diversi sono stati uccisi per mano fascista. La Giunta Comunale ritiene opportuno onorare il ricordo di Giovanni Ciuco ucciso senza nessun motivo, attraverso l'apposizione di una targa commemorativa nel punto in cui avvenne il tragico evento, affinché il ricordo di questo fatto non vada dimenticato ma anzi resti vivo come monito per le future generazioni".

La targa commemorativa che verrà apposta sul muro esterno dei giardini pubblici di Via Postierla, di fronte agli attuali uffici dell'ASL - luogo dove avvenne l'uccisione di Giovanni Ciuco - verrà collocata Sabato 22 Novembre 2008 alle ore 11,30. In essa si legge: "in questo luogo Giovanni Ciuco venne barbaramente ucciso per cieca via di parte l'11 novembre 1921. In memoria sua e di quanti caduti per mano fascista l'Amministrazione Comunale pose. 11 novembre 2008".

Alla cerimonia di apposizione della targa sono invitati il Consiglio Comunale, i rappresentanti delle istituzioni, delle associazioni, le diverse espressioni della società civile, i cittadini.
omune di Orvieto

lunedì 10 novembre 2008

Camorena un episodio di guerra civile - di Alberto Stramaccioni

dal gruppo ANPI di Face Book

Camorena un episodio di guerra civile
“Sette antifascisti fucilati dalla guardia nazionale repubblicana nel marzo 1944”

Molto spesso quando ci si riferisce agli eventi accaduti tra il 1943 e il 1945, per ricordare la guerra di liberazione nazionale dall’occupante nazista, si parla anche di una “guerra civile” che ci sarebbe stata tra italiani fascisti e italiani antifascisti. Ma altrettanto spesso non si ha ben chiaro che cosa sia realmente accaduto in quei lunghi e tragici mesi. La vicenda di Camorena di Orvieto dove, il 29 marzo del 1944, vengono fucilati sette antifascisti da un gruppo di soldati della Repubblica Sociale italiana di Benito Mussolini, è un classico esempio della guerra civile tra italiani.
Fino ad oggi questa vicenda non è stata sufficientemente approfondita nelle sue effettive dinamiche militari, politiche e sociali. Sette appartenenti alla cosiddetta “banda partigiana Stornelli” vennero arrestati e poi rapidamente processati e successivamente fucilati senza aver ucciso nessun soldato, né tedesco, né della Repubblica sociale italiana. E in più di fronte alla volontà tedesca di non procedere alla fucilazione, dopo il processo furono proprio i rappresentanti del fascio locale a volerne l’esecuzione capitale. Una vicenda che si può ben ricostruire solo nel clima di quei mesi e in una città in cui l’odio e il conflitto tra i tanti aderenti al fascio locale e i pochi antifascisti, o comunisti, o semplici renitenti alla leva raggiunse i livelli più esasperati.
La “banda Stornelli” che prendeva il nome dal suo comandante Ulderico, di 39 anni, già soldato in Libia, ma renitente perché richiamato al servizio militare dalla Rsi e di orientamento politico comunista, fu costituita nel dicembre ’43 e aveva la sua base operativa in una caverna vicino a Sermugnano, mentre del gruppo facevano parte alcuni uomini che volevano in particolare evitare la leva nell’esercito fascista. In quei mesi anche quella zona era occupata dai soldati tedeschi in ritirata e tra Baschi e Castiglione in Teverina i cannoni antiaerei avevano abbattuto alcuni quadrimotori dell’esercito angloamericano, mentre la maggior parte dei membri dell’equipaggio si era lanciata col paracadute ed era stata accolta, curata e alimentata dal gruppo di Stornelli. Inoltre alcuni soldati alleati con i quali il gruppo Stornelli prendeva contatto, venivano affidati alle diverse famiglie dei contadini della zona che li nascondevano.
L’attività di questo gruppo antifascista e antinazista era ben nota nella città di Orvieto dove in particolare viveva la famiglia Stornelli composta dalla moglie Arnalda Faustini e da tre figli, due femmine di 8 e 9 anni e un maschio di 14. Ulderico Stornelli era un falegname ebanista molto conosciuto nel paese e particolarmente osteggiato dai fascisti locali, che, pur di catturare lui e gli altri aderenti non mancarono di ricattare uno dei componenti del gruppo partigiano, Giovanni Nannarelli. Quest’ultimo prima venne costretto a tornare a casa attraverso le minacce alla madre di togliergli le tessere annonarie e poi lo costrinsero a rivelare la sede del nascondiglio della banda. Il gruppo Stornelli venne così arrestato e condotto a Palazzo Valentini, ad Orvieto, sede del Comando militare tedesco per il processo, nel corso del quale fu proprio il Nannarelli uno dei principali accusatori.
Dopo la cattura del gruppo Stornelli venne arrestato anche Federico Cialfi un proprietario terriero non più giovanissimo, considerato il sovvenzionatore della banda partigiana. A questo punto della vicenda nel contesto di una città occupata dai tedeschi e con una forte presenza della Guardia nazionale repubblicana fascista si consumò la tragedia. Il Tribunale militare tedesco di Orvieto diretto dagli ufficiali Winchler e Petzold e in collegamento con il comandante nazista di Perugia, Gehener, erano intenzionati a non condannare a morte il gruppo di partigiani e tantomeno Federico Cialfi, ma la pressione dei fascisti locali e degli ufficiali membri della Gnr tra cui Plinio Leggerini, Carlo e Alfonso Taddei, Adelio Salotti, Luigi Ficarelli, G.Battista Culmone, Marcello Martello, Libaldo Nencini, Girolamo Misciattelli, Amedeo Rampini, Sveno Troscia, Donato Bergamaschi, Vittorio Castelli, fu tale che il Comando tedesco accettò le loro richieste per una “punizione esemplare”. I nazisti, alla fine del processo, pur condannando a morte i partigiani, non vollero comunque assumersi la responsabilità della fucilazione alla quale doveva provvedere la milizia fascista.
E così avvenne che nel tardo pomeriggio del 29 marzo 1944 i sette antifascisti furono costretti a salire su un camion seguito dai soldati della Guardia nazionale repubblicana fascista e condotti in località Camorena e lì fucilati ad uno ad uno in una cava di ghiaia, mentre i familiari venivano trattenuti in carcere e malmenati.
L’eccidio era dunque stato compiuto per la ferma volontà dei rappresentanti del fascio locale che, forse in modo del tutto anomalo per quei tempi, avevano condizionato e contrastato le decisioni del Comando tedesco. E per voler dare un esempio ancora più significativo non risparmiarono nemmeno l’anziano Federico Cialfi che tra l’altro al momento dell’esecuzione fu colpito da un malore, ma venne ugualmente giustiziato.
La vicenda assunse un significato di così particolare conflitto interno alla città che, appena finita la guerra, si avviò l’istruzione del processo con 25 cittadini orvietani e non, imputati di diversi reati. Nel giugno del ’47 venne emessa la sentenza della Corte d’appello di Perugia e nel corso del processo emersero fatti e circostanze a testimonianza di una realtà sociale e politica in profondo conflitto al suo interno, con delazioni, ricatti e violenze, tipiche di una guerra civile e dove si evidenziarono le pesanti responsabilità dei dirigenti fascisti, presenti nella polizia e nell’esercito repubblichino. Ma la sentenza, emessa proprio in quei mesi della più intensa pacificazione nazionale, dichiarò di non doversi procedere nei confronti di nessuno degli imputati, per alcuni perché non poteva essere esercitata l’azione penale, per altri perché i reati erano estinti per amnistia e per altri ancora per non aver commesso il fatto. Emersero purtuttavia precise responsabilità penali, in particolare di Plinio Leggerini, Carlo e Alfonso Taddei, Marcello Martello, Girolamo Misciattelli, Adelio Salotti, Donato Bergamaschi, Vittorio Castelli. Ma non si ebbe nessun ulteriore processo, nel corso dei decenni successivi. L’eccidio venne nei fatti dimenticato sul piano giudiziario anche se l’Amministrazione Comunale di Orvieto e le organizzazioni partigiane ogni anno ne ricordano il tragico evento.
Oggi, non certo per vendetta, ma per amore di giustizia, di verità e di memoria, sarebbe opportuno ricostruire dettagliatamente la vicenda, sia sul piano storico che su quello giudiziario. La Magistratura, se vuole, ha i suoi strumenti per perseguire ancora i responsabili della fucilazione. Il gruppo Stornelli non si era macchiato di nessun delitto e non aveva compiuto alcuna azione armata, né contro i tedeschi, né contro i fascisti. Ma la furia ideologica e la violenza fascista prevalsero e una vicenda della più generale guerra di liberazione nazionale assunse, anche ad Orvieto, il carattere di un episodio di una vera e propria guerra civile.

Alberto Stramaccioni

il / Novembre a Terni presentazione "La Guerra ai Civili in Umbria




Umbria Libri presenta a Terni il Volume
La Guerra ai Civili in Umbria (1943-1944)
Per un Atlante delle stragi nazifasciste
di Angelo Bitti

venerdì 7 novembre 2008 alle ore 17,00
presso la sala Convegni dell'Archivio di Stato
Palazzo Mazzancolli
Via Cavour 28 TERNI

Intervengono
Marilena ROSSI
Fulvio PELLEGRINI
Mario TOSTI
Dianella GAGLIANI
Gabriella GRIBAUDI
sarà presente l'autore

martedì 28 ottobre 2008

NASCE LA SEZIONE ANPI AD ORVIETO



Il 27 ottobre si è tenuta ad Orvieto l'assemblea costitutiva della sezione ANPI di Orvieto. Alla presenza di Alvaro Valsenti, Valentino Filippetti e Fulvio Pellegrini dell'ANPI Provinciale di Terni è stato eletto responsabile Damiano Bernardini di Baschi.
Subito dopo l'assemblea nazionale dell'ANPI che di terrà il 15 novembre verrà promossa una iniziativa pubblica ad Orvieto. Nel programma di attività è stato messo in rilievo l'impegno per sviluppare le ricerche storiche sulla resistenza orvietana e iniziative volte a denunciare i rigurgiti razzisti e xenofobi presenti anche sul nostro territorio.

venerdì 24 ottobre 2008

L'ANPI aderisce alla Manifestazione del 25 OTTOBRE

Il Presidente Nazionale dell'ANPI TINO CASALI ed il Vice Presidente RAIMONDO RICCI hanno inviato una lettere al segretario del PD Walter Veltroni con la quale comunicano l' adesione dell'ANPI alla manifestazione indetta per il 25 Ottobre a Roma dal PD.
"Viviamo grande preoccupazione questo delicato passaggio storico della vita del paese in cui con inquetante determinazione vengono stravolti principi e valori dellas nostra Costituzione in virtu' di una concezione della politica come strumento di conquista di un potere assoluto che va contrastato.

mercoledì 22 ottobre 2008

L'ANPI nazionale : a 70 anni dalla loro promulgazione, tornano le leggi razziali

L’ANPI NAZIONALE: a 70 anni dalla loro
promulgazione, tornano le leggi razziali
L’ANPI è schierata con tutte le forze sociali che in questi
giorni si stanno mobilitando pacificamente per una scuola
libera e giusta, conforme ai principi costituzionali.
La mozione approvata dalla maggioranza che istituisce
classi separate, per i bambini immigrati e per quelli italiani,
ben lontana dall’avviare un processo di integrazione nel
nostro Paese, di fatto legalizza la discriminazione. A 70 anni
dalla promulgazione delle leggi razziali, è inconcepibile e
lesivo dei diritti civili faticosamente conquistati ripercorrere
una storia sciagurata e sotterrata dalla democrazia.
Roma, 22 ottobre 2008

sabato 18 ottobre 2008

Nazirock un film di Claudio Lazzaro a Perugia




In collaborazione con l'UDU unione degli universitari di Perugia, l'associazione Argo organizza la visione del film documentario "Nazirock" di Claudio Lazzaro.
Per cercare di comprendere meglio la sempre più larga diffusione delle idee nazifasciste tra i giovani, accompagnate spesso da una profonda ingnoranza dei fatti storici.
Alla proiezione sarà presente anche il regista Claudio Lazzaro, ex giornalista del corriere della sera che si dedica da anni nella realizzazione di documentari sui giovani.
La sua presenza ci aiuterà a capire meglio l'enità della diffusione oggi delle idee nazifasciste e revisioniste.


Info di contatto
Telefono:
3493274405
E-mail:
argo.navis2@gmail.com

lunedì 6 ottobre 2008

L'ANPI: la responsabilità dell'eccidio è unicamente degli occupanti nazisti.

COMUNICATO A.N.P.I. NAZIONALE
In questi giorni sta uscendo nelle sale cinematografiche il film “Miracolo a Sant’Anna” del regista Spike Lee.
La storia è tratta da un libro di James McBride e racconta di alcuni soldati neri della divisione Buffalo che nell’estate del 1944 hanno combattuto contro i tedeschi sulla linea gotica.
Il film parla anche della resistenza partigiana e narra del tragico eccidio che militari tedeschi hanno compiuto nel comune di Sant’Anna di Stazzema, massacrandro 560 civili, in prevalenza vecchi, donne e bambini.
Questa vicenda si inserisce a grandi lettere nella storia della occupazione nazista dell’Italia centro nord e fa parte del tributo di sangue che la popolazione civile e i partigiani hanno conferito alla liberazione d’Italia.
Il giorno 28 febbraio 1970 al Comune di Stazzema è stata attribuita la medaglia d’oro al valor militare.
Non è compito dell’ANPI formulare giudizi sul film, sul suo valore storico e cinematografico: la storia è liberamente tratta da un libro che somma dati storici all’opera della fantasia dell’autore.
In questo particolare momento politico, l’ANPI Nazionale rileva tuttavia l’importanza della ricostruzione di un periodo così drammatico della storia d’Italia a cui viene dato rilievo e conoscenza nazionale e internazionale.
Il dato storico accertato, anche da sentenze del Tribunale Militare, è che il massacro di Sant’Anna di Stazzema fu esclusivamente dovuto a precise condotte e responsabilità dell’occupante nazista e di ciò ne viene dato atto nei titoli del film.
La memoria delle persone e degli eventi che hanno consentito all’Italia di divenire un paese democratico è patrimonio di tutti gli italiani: ogni contributo al perpetuarsi del ricordo è utile e necessario.

Presidente Nazionale Vice Presidente Nazionale Vicario
Tino Casali Raimondo Ricci

Roma, 01 ottobre 2008
- e-mail anpisegreteria@libero.it oppure anpi.naz@libero.it

A.N.P.I.
A S S O C I A Z I O N E N A Z I O N A L E P A R T I G I A N I D ’ I T A L I A
COMITATO NAZIONALE
____
00192 Roma – Via degli Scipioni, 271 – Telefoni 06/3211949 – 3212345 –3212807 – Fax 06/3218495
Ente Morale Decreto Luogotenenziale n. 224 del 5 aprile 1945 – c/c p. 36053007 – Cod. Fisc. 00776550584
www.anpi.it
Prot. 209

INAUGURAZIONE CENTRO DI DOCUMENTAZIONE POPOLARE A ORVIETO

Un generale clima di allarme sociale dilaga per l’Italia, indistintamente da
Nord a Sud. Numerosi negli ultimi mesi sono gli episodi a sfondo razzista,
anche gravi, non ultimo l’uccisione di Abba, il ragazzo originario del Burkina
Faso massacrato a Milano per aver rubato un pacco di biscotti in un bar.
L’ultimo di una lunga serie, che vede presi di mira migranti e rom indicati
come la principale minaccia per la sicurezza dei cittadini.
I dati recentemente forniti dal Ministro Maroni durante l’ultimo Consiglio dei
Ministri, nell’ambito del quale si è nuovamente discusso del pacchetto
sicurezza, non fanno altro che incrementare il senso generale di insicurezza e
paura diffondendo un’immagine artefatta e poco rispondente alla realtà. I
clandestini vengono individuati come nemici da tenere sotto controllo
costruendo 10 nuovi Cpt, vengono fissate regole ancora più rigide per i
richiedenti asilo, e un’ulteriore stretta viene data anche ai ricongiungimenti
familiari. A questo si aggiunge poi la pratica della “schedatura etnica” per i
rom, di fronte alla quale voci di biasimo si sono levate anche dall’Europa.
Si preferisce la strada della criminalizzazione a discapito della promozione di
politiche di integrazione sociale e all’apertura di forme di dialogo e
confronto con i soggetti interessati.
Di fronte a questo la società civile non può rimanere in silenzio.
Di fronte a proclami razzisti, volti a calpestare diritti umani fondamentali, di
fronte ad affermazioni tese a riabilitare “un fascismo buono”, l’unica arma da
opporre è data dalla conoscenza: conoscenza storica di un passato recente e
analisi di fenomeni attuali.

Per questo, il Comitato Cittadino Antifascista di Orvieto

È lieto di invitarvi all’inaugurazione del

Centro di documentazione popolare
in via Magalotti 20 ( parallela via della Cava)
Domenica 28 settembre
a partire dalle ore 18.00

Luogo dedicato alla raccolta e alla libera circolazione di materiale
documentario in diversi formati
(cartaceo, audio e video) afferente alla storia locale ( e nazionale ),
all’attualità, a tematiche sociali di largo interesse e su cui grava, il più
delle volte, una cattiva informazione.
Il Centro di documentazione, oltre ad essere accessibile a tutti è aperto ad
ogni tipo di contributo.
Ma l’intento è soprattutto far si che, a circolare liberamente, siano le
persone… senza distinzione alcuna di razza, sesso, religione, nazionalità e
cultura, con il loro bagaglio di idee e di esperienze, da offrire e condividere
con gli altri.

Perché la conoscenza è la sola arma in grado di abbattere ogni barriera!

sabato 20 settembre 2008

La banda partigiana "Monteleone"

Fra l'ottobre 1943 e l'aprile 1944 si forma il gruppo partigiano "Banda di Monteleone d'Orvieto" costituito da 23 uomini, aggregato alla "Brigata Risorgimento"; il primissimo nucleo opera con soli 3 uomini, solo successivamente nel marzo 1944 arriva gran parte del gruppo.

La Brigata agisce prevalentemente in provincia di Perugia, nel pievese e nel castiglionese: solo il gruppo "Monteleone" è attivo in provincia di Terni (in quel periodo altre formazioni partigiane sono in gestazione nell'orvietano).

La banda è comandata dal Ten. Angeli Aldo di Matteo, opera a cavallo delle due province, nella strada Città della Pieve-Monteleone-Ficulle ed in quella di Monteleone-Piegaro.

Dopo un primo periodo si unisce al I° gruppo Moiano-Monte Pausillo, sempre componente la "Brigata Risorgimento" e comandato da Romeo Ceccarini.

Si hanno notizie di azioni militari in particolare nella zona di Fabro; oltre alle normali azioni partigiane, fa anche attività informativa trasmettendo ad agenti alleati le coordinate del grande deposito di munizioni tedesco in località Montagnola nelle adiacenze di Monteleone; il deposito viene bombardato insieme a quelli di Panicarola, Montallese e Torricella in provincia di Perugia.

La "Brigata Risorgimento", inquadrata nelle "Brigate Garibaldi", è formata dalle seguenti bande e gruppi:


1 - Banda "Monteleone" (costituita nell'ottobre 1943) sotto la guida del ten. Angeli Aldo di Matteo)

2 - La Banda "Moiano Monte Pausillo" (costituita nel marzo 1944)

°°Insieme formano il "Gruppo Risorgimento" sotto il comando di Romeo Ceccarini


1 - Banda "Paciano" (costituita nel dicembre 1943)

2 - Banda "Panicale" (costituita nell'ottobre 1943)

3 - Banda "Sanfatucchio-Macchie" (costituita nell'ottobre 1943)

°°insieme formano il Gruppo "Battaglione Gesmundo" sotto il comando di Egildo Gatti.



Da Wikipedia, "Storia di Monteleone d'Orvieto"

il cannocchiale

lunedì 15 settembre 2008

Piero Terracina su dichiarazioni Alemanno

«Se non ci fosse stato il fascismo non ci sarebbero
state le leggi razziali. Il fascismo è stato allora e
rimane ancora una malattia contagiosa, e c’è sempre
il pericolo che, se non lo si ferma, diventi
inarrestabile. Il nuovo fascismo ha già contagiato
altri partiti qui in Italia. È un’infezione che va
bloccata»
Piero Terracina
,
sopravvissuto
al campo di sterminio di
Auschwitz, sulle parole del
sindaco di Roma Gianni
Alemanno, Ansa 7 settembre 08

da “Il primo e secondo libro del fascista”
(siglato PNF, Partito nazionale fascista, pubblicato a Roma, 1940-41)

II LIBRO
LA SPECIE UMANA E LE RAZZE UMANE
La specie umana è unica, discendendo - secondo l'ammissione oramai quasi generale - da una sola coppia di antichissimi genitori (monogenesi).
Come dal tronco si dipartono i rami, così nella specie umana si distinguono le razze.
Quando in genere si parla di razza, si allude a una realtà biologica, ossia a un gruppo umano, i cui individui presentano un insieme di caratteri simili, come
il colore della pelle, la forma del cranio, il tipo della capigliatura ecc.
La razza è costituita e delimitata dalla eredità costante di quei caratteri, che la distinguono da tutte le altre.
Però oltre a ereditare i caratteri fisici, o biologici, si ereditano, nella razza, anche i caratteri morali, ossia quell'insieme di istinti, di inclinazioni, di attitudini,
di doti che compongono la personalità umana.
Gli scienziati non sono d'accordo circa il numero e la denominazione delle razze umane.
Il sistema più semplice e più chiaro è quello sintetico, che classifica l'umanità nelle razze bianca, gialla, nera; oppure europoide, mongoloide, negroide.
Ciascuna di queste grandi razze, o categorie, si divide in un numero variabile, difficilmente accertabile, di sottorazze, non sempre ben distinguibili fra loro.
E' anche ammessa l'esistenza di razze secondarie.
La classificazione tripartita - ossia quella che riduce a tre le razze umane principali - corrisponde in modo generale col testo della Bibbia, che fa risalire il
popolamento della Terra alla divisione e dispersione della discendenza di Noè, nelle famiglie di Sem, Cam, Jafet.
Le differenze fisiche e spirituali esistenti fra le razze principali, fra le razze. secondarie e fra le diverse stirpi di una medesima razza, sono dovute a un
considerevole numero di fattori, non tutti conosciuti.
L'evidente inferiorità di alcune razze, e specialmente di quella che si è convenuto di chiamare negroide, viene attribuita a una decadenza progressiva nel
corso di lunghissimi periodi di tempo. Altri, scienziati attribuiscono tale inferiorità a un arresto di sviluppo.
Basti comunque constatare che esistono attualmente profondissime differenze fra le razze umane, nonostante la loro comune origine.
L'ARIANESIMO E LA POPOLAZIONE ITALIANA
Si è convenuto di chiamare ariane quelle stirpi di razza bianca che, discendendo da una famiglia etnica pura e nobilissima, parlano linguaggi derivanti da
una lingua madre comune e appaiono legate nello sviluppo storico della civiltà.
I popoli europei, compresi quelli che si sono trasferiti su altri continenti, vengono considerati come appartenenti quasi tutti alla razza ariana.
La primitiva popolazione italiana si può considerare nativa del nostro suolo, che ne rivela le tracce fin dalle lontanissime epoche preistoriche. Con questa
popolazione autoctona si unirono poi per gruppi, in tempi successivi, genti di razza bianca venute dal mare o attraverso i valichi alpini.
L'unità della razza italiana fu realizzata in pieno da Roma, che sorse provvidenzialmente come il nucleo attorno al quale si sarebbe organizzata la nostra
civiltà.
Roma poté assolvere questa funzione, perché i suoi abitanti erano lavoratori e guerrieri, come li descrive Virgilio: « Noi, dura razza, appena i figli son nati
li tuffiamo nei fiumi per indurirli all'aspro gelo delle onde. Fanciulli, essi vegliano in caccia e battono le selve: e loro trastulli sono ammaestrare cavalli e
scagliare frecce con l'arco. Cresciuti, contenti del poco, temperati dagli stenti, domano col ferro i campi, e, in guerra, abbattono le mura nemiche. Ogni età
si consuma sul ferro: con l'asta di guerra pungiamo il fianco dei giovenchi: neppure la vecchiezza può infiacchire le forze dell'animo, né diminuire il vigore:
anche la canizie copriamo con l'elmo ».
Nell'espandersi dell'Impero Romano, e dopo la sua caduta, altre genti, sempre di razza bianca e di origine prevalentemente nordica, vennero in Italia,
entrarono nell'orbita della civiltà romana e nell'unità razziale della nazione.
LA SUPREMAZIA DELLA RAZZA ARIANA
La storia documenta che in tutti i tempi i popoli di maggior civiltà sono stati quelli della nostra razza.
La civiltà attuale, in tutto ciò che ha di solido e di elevato, è opera di stirpi ariane.
Anche altre stirpi hanno saputo raggiungere, in vari tempi, notevoli livelli di progresso civile. E' nota l'antichissima, raffinata civiltà dei cinesi, ma nell'epoca
contemporanea i popoli di razza gialla, o mongoloidi, che son riusciti a conservarsi indipendenti e giungere alla potenza, sono quelli che hanno adottato le
forme e i mezzi della civiltà europea, che è esclusivamente ariana.
La razza a cui noi apparteniamo è alla testa del mondo.
Altre razze in ogni tempo l'hanno assalita, tentando di sommergerla, o di arrestarla, o di minarla, ma essa è uscita sempre vittoriosa dagli urti, dalle
invasioni, dalle insidie e ha esteso ovunque il proprio dominio.
Appartengono alla nostra razza i massimi campioni del genere umano.
A questa razza sono dovute le più alte creazioni artistiche e letterarie, le massime invenzioni e scoperte scientifiche, le leggi fondamentali dell'esistenza
sociale.
Questa dominazione civile dei popoli europei, che si è convenuto di indicare complessivamente come ariani, è continua e costante.
Soltanto la civiltà ariana instancabilmente progredisce e si rinnova con una meravigliosa varietà di tipi, di realizzazioni, che si continuano e si completano a
vicenda.
Il bacino del Mediterraneo è stato ed è tuttora l'orizzonte dei massimi splendori di questa continuità del primato ariano, con la Grecia, con Roma, col
Rinascimento, col Fascismo. E' naturale che l'Italia, posta al centro del Mediterraneo, sia anche - oggi come nel passato - un vivo, inestinguibile focolare di
irradiazione della più pura tradizione ariana.
LA DIFESA DELLA RAZZA
La storia rivela un destino di giovinezza e di forza perenne degli ariani.
Ma il destino può essere mutato, in bene o in male, dagli individui, dai popoli dalle razze.
La razza ariana presenta, qua e là, situazioni di periodo o di decadenza.
Alcune nazioni di origine ariana accusano una progressiva sterilità, perdono il senso della razza e non esitano a chiamare nel loro seno il sangue estraneo.
La razza va difesa nel senso fisico e nel senso spirituale, perché possa conservare la sua purezza e la sua capacità di ascesa e di dominio.
La prima essenziale difesa della razza consiste nell'impedire ogni connubio e ogni incrocio con genti di origine diversa.
Ma la difesa del sangue non basta. La razza ariana deve respingere ogni sorta di contaminazioni morali e intellettuali, ossia tutte quelle teorie e ideologie,
tutti quei sistemi filosofici, politici, sociali, economici, tutte quelle espressioni artistiche, letterarie o sedicenti scientifiche, tutti quei costumi che sono in
contrasto con la sua tradizione e la sua indole.
La difesa della razza deve essere attiva. Se nel passato sono avvenuti miscugli nell'ordine fisico, e cedimenti nell'ordine morale, essi vanno eliminati.
I miscugli o incroci si eliminano coll'impedire che si rinnovino e si moltiplichino, sì che, nel ciclo di alcune generazioni, gli elementi estranei scompaiano per
consunzione dal nostro sangue, sempre più diluendosi e perdendo la capacità genetica.
Nell'ordine etico il ristabilimento della purità razziale si ottiene con l'educazione e con gli ordinamenti che regolano la vita individuale e sociale, in modo da
conformarla a quelli che sono i caratteri genuini e le necessità superiori della razza.
La razza è quantità e qualità.
La potenza, cioè l'energia vitale di una razza, consiste nel numero degli individui che ad essa appartengono e nelle loro doti spirituali e fisiche.
Rientrano perciò nella difesa della razza - e sono basi del suo avvenire - la custodia della religione tradizionale, della famiglia, delle virtù domestiche; il
culto della maternità, la tutela dei fanciulli, la loro preparazione alla vita come produttori e come soldati, lo sviluppo dello spirito guerriero, la lotta contro
l'immoralità e contro le malattie sociali, la divulgazione delle norme igieniche fondamentali, la diffusione della cultura e tutte quelle iniziative e quegli
istituti che mirano a portare nell'esistenza popolare il benessere, la salute, la serenità, la gioia.
LA NAZIONE E LA RAZZA
S'intende per nazione il complesso di quegli individui di una stessa razza, che, essendosi stabilito su un determinato territorio, vi ha svolto la sua vita
storica, politica e spirituale, realizzando una unità d'intenti e di azione, superiore per energia e per durata a ogni possibilità di disgregazione.
Se sul territorio di una nazione vivono individui di razza diversa da quella della grande maggioranza, essi non appartengono alla nazione che li ospita.
Ciascuna nazione, pur restando attaccata alla razza a cui appartiene, ha un carattere proprio che deve religiosamente custodire. « Ogni popolo, ogni Stato
» precisa il DUCE « ha la sua storia e le sue intime, originalissime sorgenti, dalle quali derivano le qualità della stirpe e della razza. »
Il popolo è la nazione, quando è compatto nello spirito e nel sangue e possiede una chiara coscienza nazionale, ossia il sentimento dell'unità e quello del
dovere e dell'interesse comune.
Il culto della nazionalità si identifica col sentimento della Patria.
L'amore di Patria è anche un atto di fedeltà alla razza, perché chi ama veramente la propria Patria vorrà che in essa si mantenga pura l'eredità dello spirito
e del sangue.
IL PENSIERO DEL DUCE SULLA RAZZA
Siccome la vita della nazione è vita della razza a cui essa appartiene, la Rivoluzione fascista appare, fin da principio, come un movimento di difesa e
innalzamento della razza.
Ciò fu chiaramente affermato dal DUCE il 3 aprile 1921, con le seguenti parole: « Come è nato questo Fascismo, attorno al quale è così vasto strepito di
passioni, di simpatie, di odii, di rancori e di incomprensioni? Non è nato soltanto dalla mia mente e dal mio cuore, non è nato solamente da quella riunione
che nel marzo 1919 noi tenemmo in una piccola sala di Milano. E' nato da un profondo, perenne bisogno di questa nostra stirpe ariana e mediterranea, che
a un dato momento si è sentita minacciata, nelle ragioni essenziali dell'esistenza.»
La Rivoluzione fascista nacque e si svolse per impedire la decadenza della nazione italiana e restituirla alla sua pienezza e alla sua forza, eliminando ogni
causa di disfacimento, e, in modo speciale, sottraendola all'influenza nociva di sistemi politici e di indirizzi economici e sociali contrari alla sua eredità di
sangue e di spirito.
Proponendosi il fine di portare l'unità della nazione italiana al suo massimo grado di efficienza, la Rivoluzione fascista fin dal primo momento della sua
azione ha rafforzato e purificato con un'opera incessante il fondamento razziale dal quale la nazione italiana sorge.
Il pensiero del DUCE sulla razza esprime questo costante indirizzo della Rivoluzione fascista, da lui creata e condotta.
L'idea e il culto della razza appaiono di continuo nel pensiero del DUCE, come motivi fondamentali della sua azione.
In una gravissima ora di guerra - 2 novembre 1917 - il DUCE espresse la sua fede nella grande eredità morale degli Italiani: «Il dolore ci percuote ma non
ci abbatte. Qui si rivela la nobiltà della nostra stirpe. Tutta l'Italia oggi è un cuore solo. Tutto si riduce alla nostra qualità fondamentale e gloriosa di
Italiani».
Il 16 febbraio 1921 - in un periodo torbido - il DUCE gridava al popolo di Trieste: « In cinquant'anni di vita l'Italia ha realizzato progressi meravigliosi.
Prima di tutto c'è un dato di fatto: ed è la vitalità della nostra stirpe, della nostra razza... Primo pilastro fondamentale dell'azione fascista è l'italianità,
cioè: noi siamo orgogliosi di essere Italiani, noi intendiamo, anche andando in Siberia, di gridare ad alta voce: "Siamo Italiani". Ora noi rivendichiamo
l'onore di essere Italiani, perché nella nostra, penisola, meravigliosa e adorabile, benché ci siano degli abitatori non sempre adorabili, si è svolta la storia
più prodigiosa e meravigliosa del genere umano ».
Il 16 febbraio 1921 il DUCE insisteva: « Dobbiamo avere l'orgoglio della nostra razza e della nostra storia ».
Il 7 novembre 1921 il DUCE dava una consegna: « Il Fascismo si preoccupi del problema della razza; i Fascisti devono preoccuparsi della salute della razza
con la quale si fa la storia ».
Il 21 aprile 1922 il DUCE scriveva: « Celebrare il Natale di Roma significa celebrare il nostro tipo di civiltà, significa esaltare la nostra storia e la nostra
razza, significa poggiare fermamente sul passato per meglio lanciarsi verso l'avvenire ».
Il 28 maggio 1922 il DUCE diceva ai rurali: « Non tutto ciò che fiorisce e quasi esplode in questa specie di primavera della razza è destinato a rimanere, lo
sappiamo: ma sappiamo anche che taluni capovolgimenti spirituali lasciano tracce profonde ».
Quando il DUCE parla di razza, generalmente egli si riferisce al popolo italiano, costituito in nazione, e difatti questo popolo è così puro di sangue e
compatto di spirito da costituire una tipica espressione della razza ariana.
« L'Italia » afferma il DUCE il 8 marzo 1934-XII « ha il privilegio di essere la nazione più nettamente individuata dal punto di vista geografico. La più
compattamente omogenea dal punto di vista etnico, linguistico, morale. »
Esiste, cioè, una razza italiana, in quanto il popolo italiano, nella sua unità di nazione, ha saputo conservare le prerogative della origine ariana, e
svilupparle secondo il proprio genio, per modo da assumere nel corso dei secoli un inconfondibile volto, fra le stirpi affini.
Già nel primo anno dell'Era fascista, cominciata il 28 ottobre 1922, sono frequenti i richiami del DUCE all'eccellenza della razza a cui apparteniamo.
L'8 gennaio 1923-I, Egli scolpisce la certezza che la rinascita italiana è dovuta al ritrovamento delle virtù razziali: « L'eclissi della nostra stirpe si squarcia
nel 1915 e tutte le virtù sopite, non spente, della razza balzano al primo piano e ci danno la vittoria immortale ».
28 gennaio 1923-I:
« lo dichiaro che prima di amare i francesi, gli inglesi, gli ottentotti amo gli Italiani, amo cioè coloro che sono della mia stessa razza, che parlano la mia
stessa lingua, che hanno i miei costumi, che hanno la mia medesima storia. »
6 febbraio 1923-I:
« Fra i popoli, nonostante le predicazioni, nonostante gli idealismi, rispettabili, ci sono dei dati di fatto che si chiamano razza, che si chiamano sviluppo,
che si chiamano grandezza e decadenza dei popoli e che conducono a dei contrasti, i quali spesso si risolvono attraverso la forza delle armi. »
11 marzo 1923-I:
«Roma, testimonianza e documento imperituro della vitalità della nostra razza. »
2 aprile 1923-I:
« Il problema dell'espansione italiana nel mondo è un problema di vita o di morte per la razza italiana.
« Io sento tutto il fermento potentissimo di vita che agita la nuova generazione della stirpe italiana, Voi certamente avrete meditato qualche volta su
questo che si potrebbe chiamare un prodigio nella storia del genere umano: non si fa della retorica se si dice che il popolo italiano è il popolo immortale
che trova sempre una primavera per le sue speranze, per la sua passione, per la sua grandezza.»
21 aprile 1923-I:
«Vorrei richiamare la vostra attenzione sul prodigio di questo rinnovarsi della nostra razza, che balza in piedi all'annuncio del cimento, si batte e vince. »
4 giugno 1923-I:
« Altri popoli invidierebbero e invidiano questa nazione proletaria, prolifica e intelligente, saggia, laboriosa, serrata in una piccola e divina penisola, troppo
angusta ormai per la nostra, razza. »
11 giugno 1923-I:
« Voi (i Sardi) siete dei virgulti superbi di questa razza italiana, che era grande quando gli altri non erano ancora nati; di questa razza italiana che ha dato
tre volte la sua civiltà al mondo attonito o rimbarbarito; di questa razza italiana che noi vogliamo prendere, sagomare, forgiare per tutte le battaglie
necessarie nella disciplina, nel lavoro, nella fede. »
12 giugno 1923-I:
« Essendo il Fascismo un movimento irresistibile di rinnovazione della razza, doveva fatalmente toccare e conquistare questa Isola [la Sardegna].»
18 giugno 1923-I:
« Il Fascismo rappresenta il prodigio della razza italiana, che si ritrova, si riscatta, che vuol essere grande. »
19 giugno 1923-I:
« Il Fascismo è un fenomeno religioso di vaste proporzioni storiche ed è il prodotto di una razza ».
24 giugno 1923-I:
« Roma è sempre, e domani e nei millenni, il cuore potente della nostra razza. »
Nel discorso pronunciato dal DUCE il 28 ottobre 1923-II, per il primo anniversario della Marcia su Roma, sentiamo ancora l'elogio della razza: « Questa
vecchia e meravigliosa razza italica conosce le ore tristi, ma non conobbe mai le tenebre dell'oscurità. Se qualche volta apparve oscurata, ad un tratto
ricomparve in luce maggiore ». « La Rivoluzione fascista » proclamò il DUCE in quella circostanza « è la primavera, è la resurrezione della razza. »
30 ottobre 1923-II:
« La Monarchia ha gloriosamente incarnato la tradizione della nostra razza e della nostra nazione. »
Anche qui, come nel discorso dell'11 marzo 1923-II, il DUCE, distinguendo fra razza e nazione, afferma che la nazione italiana è parte di una razza la
quale, pur dovendosi dire italiana anch'essa, in quanto mostra i suoi puri caratteri nel nostro popolo, abbraccia tutto il grande orizzonte dell'arianesimo.
22 novembre 1923-II:
« Gli è che le razze bagnate dal Mediterraneo hanno germi inesauribili di vitalità. »
25 ottobre 1924-II:
« Siamo troppo orgogliosi della civiltà della nostra razza e siamo orgogliosi della vittoria che abbiamo strappato con immenso sacrificio di sangue, per
pensare, anche lontanamente, di diventare una colonia. »
5 dicembre 1924-III:
« Se domani ci fosse un altro Governo più comodo, più tranquillo e più liberale, io credo che questa vecchia e giovane razza italiana esprimerebbe un
nuovo Fascismo. »
6 giugno 1925-III:
« Il moto interventista che dilagava nelle piazze... rispondeva a un bisogno incoercibile della nostra razza. »
15 aprile 1926-IV:
« Capace di miracolo é stata, in ogni tempo, questa nostra razza italiana, che mi appare ognora, quando io ne faccio oggetto delle mie meditazioni, un
prodigio singolare della storia umana. »
26 maggio 1927-V:
« Bisogna vigilare seriamente sul destino della razza, bisogna curare la razza a cominciare dalla maternità e dall'infanzia. »
E fin dal 14 settembre 1929-VII il DUCE così definiva la bonifica integrale: « E' la terra riscattata, e con la terra gli uomini e con gli uomini la razza. »
2 gennaio 1931-IX:
« La preparazione della nostra gioventù è fatta per ringagliardire la razza e darle le attitudini al senso di responsabilità e di disciplina. »
23 ottobre 1933-XI:
« La pace con onore e con giustizia è la pace romana, quella che dominò nei secoli dell'Impero, di cui vedete qui attorno le formidabili vestigia. Pace
conforme al carattere e al temperamento della nostra razza latina e mediterranea che voglio esaltare dinanzi a voi, perché è la razza che ha dato al
mondo, fra i mille altri, Cesare, Dante, Michelangiolo, Napoleone. Razza antica e forte di creatori e di costruttori, determinata ed universale ad un tempo,
che ha dato tre volte nei secoli e darà ancora le parole che il mondo inquieto e confuso attende. »
18 marzo 1934-XII:
« Entro alcuni decenni tutti i rurali italiani devono avere una casa vasta e sana, dove le generazioni contadine possano vivere e durare nei secoli, come
base sicura e immutabile della razza.»
« La giornata della madre e del fanciullo, la tassa sul celibato, e la sua condanna morale, lo sfollamento delle città, la bonifica rurale, l'Opera della
maternità e infanzia, le colonie marine e montane, l'educazione fisica, le organizzazioni giovanili, le leggi sull'igiene, tutto concorre alla difesa della razza. »
28 Ottobre 1934-XIII:
[Agli atleti] «Chi vi ha visto sfilare ha avuto la profonda e quasi plastica impressione della nuova razza che il Fascismo sta virilmente foggiando e
temprando per ogni competizione.»
31 luglio 1935-XIII:
« Noi Fascisti riconosciamo l'esistenza delle razze, le loro differenze e la loro gerarchia. »
2 ottobre 1935-XIII:
« Mai come in questa epoca storica il popolo italiano ha rivelato le qualità del suo spirito e la potenza del suo carattere. Ed è contro questo popolo, al quale
l'umanità deve talune delle sue più grandi conquiste; ed è contro questo popolo di poeti, di artisti, di santi, di navigatori, di trasmigratori, è contro questo
popolo che si osa parlare di sanzioni. »
26 ottobre 1935-XIII:
« Siete voi [i contadini] che rappresentate la razza nel suo significato più profondo e immutabile. »
3 maggio 1936-XIV:
« La terra e la razza sono inscindibili e attraverso la terra si fa la storia della razza e la razza domina e sviluppa e feconda la terra. »
27 agosto 1936-XIV:
« Hanno diritto all'Impero i popoli fecondi, quelli che hanno l'orgoglio e la volontà di propagare la loro razza sulla faccia della terra, i popoli virili nel senso
più strettamente letterale della parola. »
10 luglio 1938-XVI:
« Il Partito è anche un potente artefice della elevazione fisica e morale della razza, attraverso le centinaia di migliaia di cimenti sportivi e attraverso
l'istituzione del Dopolavoro, che permette alle grandi masse di accostarsi alle fonti più alte dello spirito nazionale. »
30 luglio 1938-XVI:
« Sappiate e ognuno sappia che anche nella questione della razza noi tireremo diritto. Dire che il Fascismo ha imitato qualcuno o qualcosa è
semplicemente assurdo. »
18 settembre 1938-XVI:
« Nei riguardi della politica interna il problema di scottante attualità è quello razziale. Anche in questo campo noi adotteremo le soluzioni necessarie.
Coloro i quali fanno credere che noi abbiamo obbedito a imitazioni, o peggio, a suggestioni, sono dei poveri deficienti ai quali non sappiamo se dirigere il
nostro disprezzo o la nostra pietà. Il problema razziale non è scoppiato all'improvviso come pensano coloro i quali sono abituati ai bruschi risvegli, perché
sono abituati ai lunghi sonni poltroni. E' in relazione con la conquista dell'Impero: perché la storia ci insegna che gli imperi si conquistano con le armi ma si
tengono col prestigio. E per il prestigio occorre una chiara severa coscienza razziale che stabilisca non soltanto delle differenze, ma delle superiorità
nettissime. Il problema ebraico non è dunque che un aspetto di questo fenomeno. »
22 gennaio 1939-XVII:
« La nostra politica rurale segue il suo corso: bonificare le terre, aumentare il reddito, migliorare le sorti degli agricoltori e dei lavoratori, conservare
all'Italia una forte massa rurale che abbia l'orgoglio di vivere sulla terra, di lavorare in Italia e in Africa la terra, di conservare e tramandare le virtù
intrinseche della razza e che sia pronta a difendere con le armi questa terra ormai identificata storicamente, fisicamente e moralmente con la Patria. »
CHE COSA HA FATTO IL FASCISMO PER LA RAZZA
Tutti i principi del DUCE affermati, ogni volta che egli ha parlato della razza, diventano direttive di azione del Regime e del Partito, e determinano la
creazione e lo sviluppo di istituti, di leggi, di opere, che dimostrano come il Fascismo abbia svolto costantemente una politica razziale.
Il Fascismo attraverso l'opera del P.N.F. ha ridato a tutti gli Italiani quel costume, improntato a uno stile virile, guerriero, energico, costruttivo, che è tipico
della razza italiana in tutti i tempi.
Il Fascismo ha creato l'Opera nazionale per la maternità è l'infanzia allo scopo di assistere le madri nel tempo in cui esse arricchiscono di nuovo sangue la
razza; e di assistere i fanciulli perché crescano sani.
Il Fascismo ha svolto una politica demografica, per mantenere feconda la razza, incoraggiando materialmente e moralmente il matrimonio e la creazione
dei figli; appoggiando con molti provvedimenti le famiglie numerose, riunite in apposita associazione.
Il Fascismo ha preso efficaci misure contro l'urbanesimo - ossia contro l'ingiustificato ed eccessivo affluire di popolazione dalle campagne alle città - per
impedire che il popolo rurale, nerbo della razza, perda la propria fecondità.
Il Fascismo ha promosso il ritorno alla terra, per ricondurre alla vita dei campi, molte famiglie e renderle sane e prolifiche.
Il Fascismo ha trasformato modernamente l'agricoltura italiana e ha intrapreso la bonifica integrale del suolo della Patria, perché la razza si attacchi alla
terra e possa trarne il nutrimento per le future generazioni.
La battaglia del grano è una battaglia della razza, perché assicura il primo e sacro cibo: il pane, « cuore della casa, profumo della mensa, gioia del focolare
», « il più soave dono di Dio, il più santo premio alla fatica umana ».
Il Fascismo ha organizzato la lotta contro le malattie sociali: malaria, tubercolosi, lue, per conservare la salute e la vigoria della razza.
Il Fascismo ha sviluppato enormemente l'assistenza e la previdenza sociale per dare agli individui e alle famiglie la serenità del lavoro, la tutela contro
l'infortunio, la disoccupazione, le malattie, l'invalidità, la vecchiaia, diffondendo un benessere che giova allo sviluppo delle doti essenziali della razza, alla
sua capacità produttiva e guerriera e alla sua resistenza morale e fisica.
Il Fascismo ha fondato il Dopolavoro, per offrire ai lavoratori di tutte le categorie un lieto riposo, che diventa una fonte di nuove energie per la razza.
Il Fascismo ha rinnovato l'educazione nazionale, introducendovi il culto e la cura di quelle doti, di quelle inclinazioni, di quelle attitudini che sono
patrimonio ereditario della razza.
Il Fascismo ha dato il massimo incremento all'educazione fisica e agli esercizi sportivi, per migliorare fisicamente la razza e temprarla ai compiti del lavoro
e dei combattimento.
Il Fascismo ha creato, con la Gioventù Italiana dei Littorio, una grande organizzazione nella quale tutte le capacità spirituali e fisiche della razza vengono
sviluppate armonicamente fin dalla prima età.
Il Fascismo ha fatto culminare tutte queste sue provvidenze nella esaltazione dello spirito guerriero della razza, che deve essere sempre in grado di
impugnare validamente le armi, per difendersi e per mantenere il suo primato.
E finalmente il Fascismo ha dettato le leggi necessarie per la tutela della purità e del prestigio della razza.
IL FASCISMO E GLI EBREI
Gli ebrei sono un popolo di razza non ariana disperso in tutto il mondo.
Gli ebrei sono detti semiti, perché, secondo la denominazione biblica, sono una delle stirpi discendenti da Sem, figlio di Noè.
Gli ebrei sono perfettamente distinguibili. Essi hanno sempre mantenuto i loro caratteri razziali e non si sono mai assimilati con la popolazione dei paesi
ove dimorano.
Gli ebrei godettero in Italia la più larga ospitalità fin dall'epoca del Risorgimento e riuscirono ad assicurarsi cospicue posizioni.
Secondo la loro indole inalterabile, gli ebrei, pur essendo in Italia un'infima minoranza, mirarono tenacemente a dominare la coscienza nazionale e la vita
politica ed economica.
Nonostante la generosità del trattamento fascista verso gli ebrei, l’ebraismo internazionale si pose contro il Fascismo, alleandosi con tutti i suoi nemici e
capeggiando le congiure straniere ordite ai danni dell'Italia.
« L'ebraismo mondiale » ricordò il DUCE nel discorso di Trieste del 18 settembre 1938-XVI « è stato, durante sedici anni, malgrado la nostra politica, un
nemico irreconciliabile del Fascismo. In Italia la nostra politica ha determinato negli elementi semiti quella che si può oggi chiamare - si poteva chiamare -
una corsa vera e propria all'arrembaggio. »
Godendo di tutti i diritti dei cittadini italiani, gli ebrei credettero di poter sfruttare, e sfruttarono la generosità fascista, per impadronirsi di posti di
comando, accaparrare la ricchezza nazionale e inquinare lo spirito del nostro popolo.
La vasta e subdola opera di corruzione svolta tenacemente dagli ebrei, con tutti i mezzi, nella vita politica, sociale, economica, nei campi dell'arte, della
letteratura, della scienza, rappresentava un pericolo per il domani dell'Italia.
Le leggi fasciste riguardanti gli ebrei sono state emanate per eliminare questo pericolo e per ricondurre il popolo italiano alla sua completa purezza
fisiologica e spirituale.
LE LEGGI FASCISTE SULLA RAZZA
Prima che le leggi fasciste sulla razza fossero promulgate, un gruppo di scienziati italiani indicò le basi di una concezione nostra del razzismo.
Questi scienziati affermarono, in modo particolare, l'esistenza di razze umane differenti, e di grandi e piccole razze. Popoli e nazioni si distinguono, nella
razza a cui appartengono, per una serie di differenze, dovute alla diversa proporzione degli elementi che li hanno composti.
Gli scienziati affermarono che una popolazione a civiltà ariana abita da diversi millenni il nostro suolo e che « l'origine degli Italiani attuali parte
essenzialmente da elementi di quelle stesse razze che costituiscono e costituirono il tessuto perennemente vivo dell'Europa ».
Mentre per altre nazioni europee la composizione razziale è variata notevolmente in tempi anche moderni, per l'Italia nelle sue grandi linee la
composizione razziale di oggi è quella che risultò dalla unificazione romana.
« Una purissima parentela di sangue unisce gli Italiani di oggi alle generazioni che da millenni popolano l'Italia. »
« Questa antica purezza di sangue è il più grande titolo di nobiltà della Nazione italiana. »
« Il carattere puramente europeo degli Italiani sarebbe alterato dall'incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla
millenaria civiltà degli ariani. »
EBREI STRANIERI
La prima legge fascista sugli ebrei fu quella del 7 settembre 1938-XVI, con la quale venne vietato agli stranieri di razza ebraica di fissare stabile dimora nel
Regno, in Libia e nei possedimenti dell'Egeo.
Fu tolta la cittadinanza italiana a quegli stranieri ebrei che l'avevano per qualunque titolo ottenuta dopo il 1° gennaio 1919 e fu fatto obbligo agli ebrei
stranieri venuti in casa nostra posteriormente a tale data, di lasciare il nostro territorio.
MATRIMONI MISTI
Nella seduta del 6 ottobre 1938-XVI il Gran Consiglio del Fascismo dichiarò « l'attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza
razziale », ricordando che « il Fascismo ha svolto da 16 anni e svolge un'attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza
italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti ».
Il Gran Consiglio stabilì:
- il divieto di matrimoni di italiani e italiane con elementi appartenenti alle razze camita, semita e altre razze non ariane;
- il divieto per i dipendenti dallo Stato e Enti pubblici personale civile e militare - di contrarre matrimonio con donne straniere di qualsiasi razza;
- e che il matrimonio di italiani e italiane, non dipendenti dallo Stato o da Enti pubblici, con stranieri di razza ariana, debba avere il preventivo
consenso del Ministero degli Interni.
FONDAMENTO DELLA LEGISLAZIONE RAZZIALE FASCISTA
Il Gran Consiglio del Fascismo, nello stabilire i principi della legislazione in materia razziale, partì dalla constatazione che « l’ebraismo mondiale, specie
dopo l'abolizione della massoneria, è stato l'animatore dell'antifascismo in tutti i campi ».
CHI E’ EBREO?
In seguito alle decisioni dei Gran Consiglio, la legge del 17 novembre 1938-XVII precisò che è di razza ebraica, o considerato tale:
- colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
- colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
- colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
- colui che. pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque,
iscritto a una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi modo, manifestazioni di ebraismo.
Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del l° ottobre
1938-XVI, apparteneva a religione diversa da quella ebraica.
LIMITAZIONI ED ESCLUSIONI
I cittadini italiani di razza ebraica non possono essere iscritti al Partito Nazionale Fascista e sono esclusi:
- dal servizio militare;
- dalla tutela o curatela di minorenni o di incapaci di razza non ebraica;
_- dal possesso, dalla gestione e dalla direzione di aziende interessanti la difesa nazionale o che impieghino cento e più persone;
- dal possesso di terreni che abbiano un estimo superiore a lire 5.000;
- dal possesso di fabbricati urbani che abbiano un reddito imponibile complessivo superiore a lire 20.000;
- dagli impieghi.dello Stato, del Partito e delle organizzazioni da esso dipendenti, delle provincie, dei comuni e in genere delle amministrazioni, enti e
servizi pubblici parastatali, sindacati, delle banche e delle assicurazioni.
- e non possono avere alle loro dipendenze, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana;
La legge 17 novembre 1938-XVII prevede anche il caso che il genitore di razza ebraica possa essere privato della patria potestà sui figli che appartengano
a religione diversa da quella ebraica, qualora risulti che egli impartisca ad essi una educazione non corrispondente ai loro principi religiosi o ai fini
nazionali.
Con altra legge (15 novembre 1938_XVII) i cittadini italiani di razza ebraica furono esclusi completamente dall'insegnamento nelle scuole pubbliche e
private di qualsiasi ordine e grado e dagli impieghi nelle scuole stesse; dalle accademie, dagli istituti e associazioni di scienze, lettere e arti; dalle libere
docenze.
Gli alunni di razza ebraica sono esclusi da ogni ordine e grado di scuole pubbliche e private, stabilendosi però l'apertura di scuole elementari e medie ad
essi riservate.
Successivamente fu stabilita l'esclusione degli ebrei dall'esercizio delle professioni (giornalismo, avvocatura, medicina, farmacia, ostetricia, ingegneria,
ragioneria), eccezion fatta per le prestazioni di carattere professionale a favore di altri ebrei.
DISCRIMINAZIONI
Il DUCE però, nel suo discorso di Trieste del 18 settembre 1938-XVI, aveva annunciato che « gli ebrei di cittadinanza italiana, i quali abbiano indiscutibili
meriti militari o civili nei confronti dell'Italia e del Regime, troveranno comprensione e giustizia ». E la promessa fu mantenuta.
Il Gran Consiglio stabili alcune « discriminazioni », che vennero poi precisate e regolate dalla legge. Esse riguardano:
- i componenti le famiglie dei caduti nelle guerre: libica, mondiale, etiopica, spagnuola;
- i mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre suddette;
- i combattenti che in tali guerre abbiano conseguito almeno la croce al merito;
- i mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;
- gli iscritti al P.N.F. negli anni 1919 '20 '21 '22 e nel secondo semestre del 1924;
- i legionari fiumani;
- coloro che abbiano acquistato eccezionali benemerenze, valutabili da una commissione appositamente istituita.
- I cittadini italiani di razza ebraica che abbiano uno o più dei requisiti suddetti, e le loro famiglie, non possono contrarre matrimonio con ariani e
restano comunque esclusi dall'insegnamento e dagli impieghi pubblici o considerati tali, nonché dalle banche di interesse nazionale, né possono essere
iscritti al P.N.F.; ma possono prestare servizio militare, possedere senza limitazioni terreni e fabbricati, possedere, gestire, dirigere aziende di.qualsiasi
genere, esercitare le professioni e tenere domestici italiani di razza ariana.
RAZZA E IMPERO
Il popolo italiano è, per sua natura e in conseguenza della sua storia, un popolo colonizzatore.
Per l'Italia, le colonie non sono semplicemente territori da sfruttare, ma da popolare e da civilizzare.
« Altri popoli » chiarì una nota della Informazione diplomatica del 5 agosto 1938-XVI « mandano nelle terre dei loro imperi pochi e sceltissimi funzionari;
noi manderemo in Libia e in A.0.I. con l'andar del tempo e per assoluta necessità di vita, milioni di uomini. »
La colonizzazione, come è intesa e praticata dagli Stati ricchi di capitali ma poveri di braccia e di energie lavorative, può paragonarsi a quel sistema di
sfruttamento che, nel linguaggio minerario, è detto « a rapina » e consiste nel ricavare il più possibile col minimo impiego di mezzi, di strumenti e di
uomini. Invece la colonizzazione fascista è basata soprattutto sull'impiego di eserciti di lavoratori.
Il contatto di una massa di popolazione italiana ariana con masse di razza diversa deve essere regolato da leggi precise e severe, per mantenere alto il
prestigio italiano e per impedire miscugli di sangue.
Il meticcio, ossia il figlio di due individui dei quali uno di colore, è un essere moralmente e fisicamente inferiore, facile vittima di gravi malattie e inclinato
ai vizi più riprovevoli.
L'incrocio fra due razze è nocivo all'una e all'altra razza.
Col proibire ogni miscuglio di sangue fra Italiani e genti di colore, il Regime non soltanto tutela l'integrità fisica e il prestigio della nostra razza, ma al
tempo stesso preserva dall'imbastardimento le razze che vivono sui territori a noi soggetti.
La storia della colonizzazione dimostra che, ovunque il meticciato non sia stato impedito, gli imperi della razza ariana sono caduti o decaduti, e le
popolazioni indigene sono discese a bassi livelli di civiltà e di forza.
Ripetiamo e ricordiamo sempre le parole del DUCE: gli imperi si conquistano con le armi, ma si tengono col prestigio.
Se la razza conquistatrice non sa conservare il proprio prestigio dinanzi alle popolazioni indigene, perderà prima o poi l'impero.
La razza conquistatrice deve alternare in ogni momento e in ogni aspetto dell'esistenza pubblica e privata, nei rapporti con le altre razze, la propria
superiorità.
Il prestigio di razza non si mantiene, se viene mischiato il sangue.
La superiorità della nostra razza è una realtà storica e attuale, tanto nell'ordine fisico quanto nell'ordine morale; una realtà tangibile e indiscutibile, che
non contrasta con la certezza della origine unica e divina dell'umanità, ma dimostra l'esistenza di una gerarchia fra le razze determinatasi per un
complesso di cause nel corso di migliaia dì secoli.
Il Fascismo ha dettato le leggi necessarie a tenere alto il nostro prestigio e a impedire la mescolanza del nostro sangue nell'Impero; ma il rispetto di
queste leggi deve essere imposto anzitutto, a ogni Italiano, dalla voce della coscienza.
La coscienza di appartenere a una razza che ha affermato la propria superiorità ed ha assunto la missione di guidare la civiltà del mondo, ricorda
all'Italiano i doveri verso questa razza e lo mantiene forte e vigile, contro ogni cedimento, in qualsiasi condizione e circostanza.
Perché la vita degli Italiani nell'Impero possa svolgersi col necessario prestigio, senza dar luogo a miscugli di sangue, il Regime non soltanto ha dettato
apposite leggi, ma ha preparato e prepara la donna a seguire l'uomo nelle terre d'oltremare, per costituire nuove famiglie italiane.
Nelle organizzazioni del Partito è particolarmente curato l'addestramento della donna ai compiti della vita coloniale, con corsi di preparazione, e con viaggi
e campeggi in colonia.
I corsi di preparazione coloniale, inquadrati nelle organizzazioni femminili della Gioventù Italiana dei Littorio, hanno appunto lo scopo di formare nelle
giovani una coscienza coloniale, preparandole ai compiti e alle esigenze della vita in colonia. La parte teorica comprende: storia e religione dei nostri
possedimenti coloniali, geografia, etnografia ed economia coloniale, problemi del, l'espansione coloniale e difesa della razza, economia coloniale nella lotta
per l'autarchia nazionale, igiene tropicale e puericultura. La parte pratica studia: l'ammobiliamento, l'igiene della casa, la cucina, la lavorazione dei latticini,
la confezione del pane, la coltivazione dell'orto e dei giardino, la confezione del vestiario, l'artigianato.
CHE COSA DEVO SAPERE SULLA RAZZA
D. Che cosa si intende per razza?
R. La razza è una massa di uomini simili per caratteri fisici e psichici che furono ereditati e continueranno a ereditarsi.
D. A quale razza appartieni?
R. Appartengo alla razza ariana.
D. Perché dici di essere di razza ariana?
R. Perché la razza italiana è ariana.
D. Le razze sono tutte eguali?
R. Vi sono fra le razze differenze fisiche e spirituali.
D. Quale è la missione della razza ariana?
R. La razza ariana ha la missione dì civilizzare il mondo, e di farne. incessantemente progredire la civiltà.
D. A quale razza sono dovute le più alte espressioni della civiltà mondiale?
R. Le più alte espressioni della civiltà mondiale sono dovute alla razza ariana.
D. I caratteri fisici e spirituali che distinguono una razza dalle altre, si ereditano?
R. Si. I caratteri fisici e spirituali sono trasmessi di padre in figlio e di generazione in generazione negli individui di una stessa razza.
D. Come si chiama l'individuo nato da genitori di razza diversa?
R. L'individuo nato da genitori di razza diversa, dei quali uno di colore, si chiama meticcio.
D. Quali sono i caratteri del meticcio?
R. Il meticcio è un individuo fisicamente e moralmente inferiore.
D. E’ permesso ai cittadini italiani, maschi e femmine, di sposarsi con persone di razza non ariana?
R. No. La legge vieta e punisce i matrimoni misti. Ogni individuo che procrea un meticcio offende la dignità della razza e condanna il proprio figlio a uno
stato di inferiorità fisiologica, morale e sociale.
D. Il matrimonio dei cittadini italiani con persone di razza ariana, ma di nazionalità straniera, è permesso?
R. Sì, ma occorre il consenso del Ministero dell'Interno. Invece i dipendenti dallo Stato e dalle organizzazioni e amministrazioni pubbliche non possono, in
nessun caso, sposare persone di nazionalità straniera.
D. Gli ebrei nati in Italia appartengono alla nostra razza?
R. No. Gli ebrei, ovunque siano nati, non appartengono alla razza ariana.
D. Gli ebrei di nazionalità straniera possono risiedere in Italia?
R. No.
D. Chi è considerato ebreo?
R. E’.considerato ebreo chi è nato da genitori di razza ebraica, anche se professa una religione diversa, o se, essendo nato da un matrimonio misto,
professa la religione ebraica, appartiene a una comunità israelitica, o fa manifestazioni di ebraismo. Quando uno dei genitori è ebreo e l'altro straniero il
figlio è considerato ebreo; anche il figlio di madre ebrea e di padre ignoto è considerato ebreo.
D. Gli ebrei possono essere iscritti al P.N.F.?
R. No.
D. Possono prestare servizio militare in pace e in guerra?
R. No.
D. Possono ricoprire cariche pubbliche?
R. No.
D. Possono esercitare pubbliche professioni?
R. No. E’ soltanto ammesso che il professionista ebreo dia la propria assistenza professionale ad altri ebrei.
D. I giovani ebrei possono essere ammessi nelle scuole pubbliche e private frequentate da alunni ariani?
R. No. Per gli alunni ebrei vi sono apposite scuole elementari e medie.
D. Possono gli ebrei insegnare nelle scuole pubbliche e private?
R. Gli ebrei possono insegnare soltanto nelle scuole elementari e medie per alunni ebrei.
D. E’ consentito agli ebrei il possesso di case e terreni?
R. Sì, purché il valore della proprietà non superi il limite fissato dalla legge.
D. Possono gli ebrei essere proprietari, gestori, direttori di aziende
R. Sì purché queste aziende non abbiano carattere di servizi pubblici, non interessino la difesa nazionale, e non occupino cento o più persone.
D. Possono gli ebrei essere impiegati negli uffici pubblici o di interesse pubblico?
R. No.
D. Possono gli ebrei tenere a servizio, in qualità di domestici, cittadini italiani di razza ariana?
R. No.
D. Possono gli ebrei praticare pubblicamente la loro religione?
R. Sì.
D. Perché il Regime fascista ha preso i provvedimenti riguardanti gli ebrei?
R. I provvedimenti razziali del Regime sono stati presi per tutelare la purezza del sangue italiano e dello spirito italiano e per difendere lo Stato contro le
congiure dell'ebraismo internazionale.
D. Quando cominciò l'azione fascista di difesa della razza?
R. Fin dalle sue origini il Fascismo fu un movimento di difesa della razza.
D. Quale è lo scopo essenziale della politica sociale dei Fascismo?
R. Scopo essenziale della politica sociale del Fascismo è quello di rendere sempre più pura, forte e potente la razza italiana.
D. Che cosa fa il P.N.F. per la razza?
R. Tutta l'attività del Partito, attraverso le organizzazioni giovanili, femminili, sportive, culturali e dopolavoristiche è volta al raggiungimento di un supremo
obiettivo: il miglioramento fisico e spirituale della razza.
D. Quale è l'obbligo fondamentale di ogni Italiano verso la razza?
R. Obbligo fondamentale di ogni Italiano verso la razza è il matrimonio e la prole.
D. E’ ammesso, per il fascista, rimaner celibe senza legittimo impedimento?
R. No, la legge fascista colpisce moralmente e materialmente il celibato ingiustificato.
D. Quali sono i provvedimenti contro il celibato ingiustificato?
R. Questi provvedimenti consistono nella tassa sui celibi e in una serie di disposizioni, per le quali i celibi non possono ascendere a determinati gradi negli
uffici e non possono ricoprire determinate cariche pubbliche.
D. Quale è il primo dovere dell'Italiano che vive sui territori dell'Impero?
R. Il primo dovere dell'Italiano che vive sui territori dell'Impero è quello di mantenere il prestigio della razza, mostrandone costantemente la superiorità
agli indigeni.
D. Quale è in generale, secondo la legge, l'atto lesivo,del prestigio di razza?
R. E’ l'atto commesso dal cittadino italiano, sia nei territori dell'Impero che nelle isole dell'Egeo o anche nel territorio metropolitano, di fronte ai nativi
dell'Africa italiana, abusando della sua qualità di appartenente alla razza italiana o venendo meno ai doveri che da tale appartenenza gli derivano sempre
di fronte ai nativi, così da sminuire nel loro concetto la figura morale dell'Italiano. La legge considera, d'altra parte, lesivo del prestigio della razza italiana
l'atto del nativo diretto ad offendere il cittadino nella sua qualità di appartenente a questa razza, o, comunque, in odio alla razza stessa. Perciò tutti i reati
commessi sia da Italiani a danno di nativi, sia da nativi a danno di Italiani - quando ledano il prestigio della razza - sono puniti con pena più grave
dell'ordinaria.
D. L’italiano che sui territori dell'Impero contrae relazioni coniugali con indigeni, che cosa commette?
R. Commette un delitto punito dalla legge e si degrada moralmente e fisicamente.
D. L'Italiano che sui territori dell'Impero assume costumi indigeni, si pone al livello della popolazione indigena, si mischia con essa senza necessità e senza
dignità, si ubriaca in presenza di nativi, o presta servizi avvilenti, che cosa commette?
R. In questi casi l'Italiano commette un attentato al prestigio della razza e perciò è punito dalla legge.
D. Perché la legge punisce con pene particolarmente severe l'Italiano che commette o progetta un qualsiasi delitto in correità con indigeni o istiga
quest'ultimi a delinquere o a contravvenire alla legge?
R. Perché in tal caso il delitto è aggravato, nell'Italiano che se ne rende reo, dall'abbassamento del prestigio della razza.
D. Perché la legge è particolarmente severa contro l'Italiano che commette un delitto a danno dell'indigeno, o, per trarne profitto, abusa della di lui
credulità?
R. Perché anche in questo caso, oltre a delinquere contro le persone, l'Italiano delinque contro la razza, che deve sempre rappresentare, per l'indigeno, il
complesso delle virtù morali e civili.
D. Esiste dunque un vero e proprio delitto contro la razza?
R. Sì. Vien commesso un delitto contro la razza, tutte le volte che il puro sangue di questa razza, illuminatrice del mondo col pensiero e con le opere, è
mischiato, inquinato, contaminato; e tutte le volte che il prestigio di questa razza superiore e dominatrice è avvilito per mancanza di quella dignità e di
quella fierezza, di quel senso di onore e di giustizia di cui ogni Italiano deve dar esempio, ovunque, ma, in modo speciale, fra genti di diverso sangue e di
inferiore civiltà.

martedì 9 settembre 2008

PELLEGRINI : dalla destra volgarità politica e culturale



MI SPIACE PER L’ON.LA RUSSA MA,IO HO FATTO IL “68” E NE VADO FIERO.
QUESTO NON HA NULLA A CHE FARE COL CONCETTO DELLA SICUREZZA
ALL’EPOCA ,LA DESTRA ITALIANA E TANTI SUOI ESPONENTI POLITICI,
NON CONDANNAVANO MA ANZI APPREZZAVANO LE DITTATURE DI PINOCHET IN CILE O DI FRANCO IN SPAGNA, NOI APPREZZAVAMO LE DITTATURE IN RUSSIA E IN CINA SENZA SAPERE COSA FOSSERO.
TUTTAVIA NOI DEL “68” ABBIAMO LOTTATO ASSIEME A TANTI ALTRI DEMOCRATICI E MODERATI,AFFINCHE’ ALL’ITALIA FOSSERO RISPARMIATE TUTTE QUELLE TREMENDE ESPERIENZE.
TUTTI ABBIAMO FATTO PASSI IN AVANTI RISPETTO AL PASSATO ED ABBIAMO PERMESSO ALL’ITALIA UNA MAGGIORE SICUREZZA DEMOCRATICA.
RILEVO INVECE E CONDANNO UNA VOLGARITA’ POLITICA E CULTURALE CHE PORTA NON A CRITICARE MA A DELEGITTIMARE L’AVVERSARIO,DA QUALUNQUE PARTE ESSA PROVENGA.
ESTREMIZZARE IDEOLOGICAMENTE UN TEMA COME LA SICUREZZA DEI CITTADINI,
ACCUSANDO FALSAMENTE L’AVVERSARIO,DI NON VOLERLA, PORTA INEVITABILMENTE A CONVALIDARE UN CONCETTO DI MINORE DEMOCRAZIA PER IL NOSTRO PAESE.
IGNORARE IL BISOGNO DI SICUREZZA DEI CITTADINI,PORTA INEVITABILMENTE A LEGITTIMARE UN CONCETTO DI NON RISPETTO DELLE REGOLE,ED ANCHE QUESTO SI TRADUCE IN MENO DEMOCRAZIA PER IL NOSTRO PAESE.
IL PRIMO MINISTRO ITALIANO,INFATTI, SI E’ FATTO APPROVARE L’IMPUNITA’ PER LEGGE.
OGGI I MILITARI PATTUGLIANO LE NOSTRE CITTA’.
IO NON CI TROVO NULLA DI STRANO.
SONO I SOLDATI DELLA REPUBBLICA ITALIANA E SVOLGONO IL LORO DOVERE,COME LO SVOLGONO POLIZIA E CARABINIERI.
LA QUESTIONE GRAVE E’ INVECE CHE QUESTO GOVERNO HA FATTO UN’OPERAZIONE PURAMENTE DI FACCIATA E PROPAGANDISTICA,PERCHE’ CONTEMPORANEAMENTE HA TAGLIATO IN MODO PESANTE,LE RISORSE A TUTTE LE FORZE ISTITUZIONALI DI SICUREZZA COMPRESE LE FORZE ARMATE.
E’ UNA PRESA IN GIRO VERA E PROPRIA,ANCHE VERSO I CITTADINI.
MA HA FATTO ANCHE DI PIU’,E’ RIUSCITO A FOMENTARE INCOMPRENSIONI E
DIVISIONI TRA LE STESSE.
QUESTO E’ GRAVE PER LA NOSTRA DEMOCRAZIA.

Dr. FULVIO PELLEGRINI.

sabato 6 settembre 2008

Documento ANPI Umbria su Museo della Resistenza

Nella riunione del 28 agosto 2008 tenuta a Perugia, il direttivo regionale dell'ANPI ha preso in esame la proposta di legge regionale Costituzione della “Fondazione Museo regionale della Resistenza”, in vista della partecipazione sull'atto n. 1175 prevista per il 5 settembre 2008, su convocazione del presidente della Commissione consiliare permanente della Regione Umbria.
Sinteticamente, la posizione dell'ANPI dell'Umbria è: «No alla costituzione della Fondazione, sì alla creazione di un Museo regionale multimediale della Resistenza, con sede a Pietralunga, affidato all'Isuc (Istituto per la storia dell'Umbria contemporanea), il quale è già depositario di un'ampia documentazione in merito». Il no alla Fondazione è motivato dal fatto che si ritiene inutile, dannoso e dispendioso creare duplicazioni ad istituzioni regionali già esistenti.
Al tempo stesso, riteniamo molto positiva la proposta di dare vita al Museo multimediale, che può promuovere ulteriormente la conoscenza della storia della Resistenza umbra e divulgare i valori nati con la lotta antifascista. Un'iniziativa che continui il già grande impegno profuso dalla Regione Umbria in questo campo.

Perugia, 28 agosto 2008

domenica 3 agosto 2008

IN MEMORIA della STRAGE del 2 AGOSTO 1980 a BOLOGNA .

L’A.N.P.I. Provinciale di Terni si associa alle Istituzioni,nel ricordo della strage neofascista alla stazione di Bologna, del 1980.
La ferita inferta al popolo Italiano e’ ancora aperta, perche’ non si conosce la piena verita’ sui mandanti e i reali ispiratori.
FINO A QUANDO I SEGRETI INCOFFESSABILI SARANNO PIU’ IMPORTANTI DELLA VITA UMANA, NON C’E’ PIENA DEMOCRAZIA.
Molti speculano cinicamente sulla vicenda, mentre le vittime,i familiari,i cittadini,la nostra Repubblica democratica .attendono le risposte al loro dolore e che giustizia vera sia fatta.
Terni ha sofferto la perdita del suo giovane concittadino SERGIO SECCI.
Terni non dimentica. Tutti coloro che non si arrendono all’oblio della memoria e sono per il trionfo della verita’,non dimenticano.
Un forte e commosso abbraccio volgiamo alla madre,Sig.ra Lidia SECCI.
A.N.P.I. PROVINCIALE

mercoledì 23 luglio 2008

Il 26 Luglio a Poggio Bustone (TR) per ricordare Giovanni Di Giuli

Il 26 luglio si terrà una cerimonia per ricordare Giovanni Di Giuli.
Raduno alle ore 9 a Polino. Per Info ANPI Terni, 0744 432113.

Giovanni Di Giuli mori combattendo per rompere l'accerchiamento delle truppe nazifasciste che la notte del 31 marzo 1944 attaccarono i partigiani della Bgt. Garibaldina Gramsci a Poggio Bustone. Di Giuli era un giovane operaio dello stabilimento elettrochimico di Papigno. La famiglia antifascista lo aveva portato all'impegno nella resistenza e proprio 15 giorni prima era stato nominato comandante di un distaccamento di stanza a Villa Ciavatta di Leonessa.

lunedì 23 giugno 2008

In Trentamila alla Festa Nazionale dell'Anpi






Trentamila persone si sono ritrovate attorno al casolare dei Fratelli Cervi rispondendo all'appello dell'Anpi Nazionale. Molti i dibattiti e le iniziative, concluse dagli interventi di Don Luigi Ciotti, Walter Vetroni, Armando Cossutta e Nichi Vendola. L'Anpi dell'Umnria ha partecipato con un pulman partito da Terni che ha raccolto i soci di Marsciano, Orvieto, Spoleto, Foligno e Perugia. Veltroni, intervenendo ha detto "rendiamo omaggio a tutte le vittime, ma ricordiamoci che c'era chi ha combattuto per togliere la libertà e chi per restituirla. Molti messaggi di adesione tra cui quelli di Margherita Hack, Sergio Cofferati, Guglielmo Epifani.
(Nella foto in alto Gruppo Anpi Umbria - in basso Primo Bellini e Giovanni Simoncelli)


sabato 21 giugno 2008

Il 22 Giugno Prima Festa nazionale dell'ANPI (Gattico, Reggio Emilia)

Chi volesse partecipare si deve trovare alle 5,15 del 22 giugno in piazzale Carlo Marx a Marsciano (PG)

da www.aprileonline.info

"Rivendicare il ruolo dell'Anpi e della Costituzione nata dalla Resistenza" e trasmettere ai giovani i valori dell'antifascismo. Con questi obiettivi nasce la 1^ festa dell'Anpi, che si terrà dal 20 al 22 giugno al Museo Cervi di Gattico (Reggio Emilia) sul tema 'Democrazia e/è antifascismo'.

Presentata a Montecitorio da Armando Cossutta del Comitato nazionale Anpi, insieme ad altri rappresentati dell'associazione e ai giovani che la organizzano.
Cossutta evidenzia che l'azione dell'associazione ha sempre un ruolo in difesa dei valori dell'antifascismo di cui "c'è un grande bisogno in una situazione politica" che registra "attacchi contro quei principi. E non penso esclusivamente- aggiunge- agli atti violenti, alle aggressioni di stampo fascista, nazista, razzista di questi giorni, da Verona a Roma, ma alla crescente campagna di revisionismo culturale e storico" che cerca di "screditare la grande epopea della Resistenza".
La Festa prevede quattro laboratori e interventi di rappresentanti dei partiti della sinistra, dei sindacati e dell'Arci.

lunedì 9 giugno 2008

Il 22 Giugno a REGGIO EMILIA Festa Nazionale dell'ANPI

Si terrà a Reggio Emilia la Festa Nazionale dell'ANPI 2008. Sarà l'occasione per commemorare il 60° della nostra costituzione e per sottolineare i valori dell'Antifascismo. Dalla provincia di Terni partiranno dei pulman. Per informazioni telefonare ANPI Terni 0744 432113.